Quasi ogni giorno si leggono osservazioni critiche sul Pronto soccorso, ma sull’argomento occorre a mio parere fare un’analisi approfondita considerando due elementi fra di loro strettamente connessi. Le malattie, infatti, che gravano su tale servizio in realtà sono di vario genere e spesso non attribuibili all’organizzazione interna  ma ad una serie di concause. Mancano i medici e il personale sanitario, e a tal proposito vanno create anche le condizioni ambientali, logistico strutturali e organizzative con turni di lavoro ‘normali’ se si vuole rendere appetibile il posto di lavoro. Oggi questi presupposti sono molto carenti per interessare un medico ad aspirare a incarichi in questa Unità operativa, anche se oggettivamente esiste un preciso impregno del direttore generale dell’Azienda a migliorare molti aspetti, non solo in termini di ampliamento degli spazi.   È fuori dubbio, il Pronto soccorso è in grave e seria sofferenza ma, come si diceva, va messa in evidenza un’altra criticità che concorre ad appesantire questo essenziale servizio di emergenza. A cominciare  dalle Case della salute concepite per offrire servizi di vicinato, alternative o complementari all’ ospedale e finalizzate anche ridurre gli accessi impropri soprattutto quelli cioè dei pazienti classificati con codice bianco, pare non stiano producendo i risultati confortanti.  Anzi, se possibile, emerge un incremento degli accessi in ospedale, come dimostra un’indagine regionale abbastanza recente.  Ne consegue, pertanto, che gli obiettivi sulla funzione delle Case della salute sono stati raggiunti solo in minima parte e, forse, il modello organizzativo di tali servizi di prossimità sul territorio andrebbero rivisti e rafforzati. Tutto questo anche  in ragione  della programmata ristrutturazione e rilancio del pronto soccorso ravennate avviati dal direttore Carradori.