Frequentemente sugli organi di informazione sono pubblicate note sul ricorrente tema del Pronto soccorso di Ravenna. L’ultima in ordine di tempo apparsa su “Il Carlino” in buona parte  è certamente parte  condivisibile, ma occorre  ampliare l’argomento con alcune considerazioni.

La storia della medicina ci ricorda come sin dal Medioevo l’istituzione ospedaliera fosse caratterizzata dall’etica caritativa assistenziale, trasformata poi nel tempo da contenitore di assistenza a ente assistenziale commisurato ai bisogni della popolazione. E in questo senso la richiesta dell’utente segnalata sul quotidiano non è tanto rivolta alle prestazioni sanitarie ma piuttosto alla carenza di tutta la parte assistenziale e di aiuto alla persona.

Più in generale l’argomento del Pronto soccorso, tuttavia, si presta ad altre considerazioni. Un primo dato è inconfutabile: mancano i medici e il personale sanitario, ma allo stesso tempo vanno create anche le condizioni ambientali e strutturali, rispetto alle quali va evidenziato l’ impegno concreto da parte del  direttore generale  dell’Ausl che con risolutezza  ha ‘preso di petto’ la questione.

Il progetto di ampliamento e di adattamento del nuovo pronto soccorso fornirà una prima risposta in termini di spazi, comfort e logistica, ma occorre aggiungere anche un maggiore umanità da parte del personale.

È fuori dubbio, il Pronto soccorso è in grave e seria sofferenza ma oltre agli spazi e alla carenza di personale vanno messe in evidenza anche una serie di  criticità che concorrono ad appesantire questo servizio di emergenza. I medici non sono attratti da questa sorta di professione basata sul trattamento delle emergenze e delle urgenze e questo problema, non solo locale ma nazionale, condiziona molto il servizio.

Intanto le Case della salute concepite per offrire servizi di vicinato, alternative o complementari all’ ospedale e finalizzate a sgravare in parte il Pronto soccorso, non sembra abbiano dato i risultati attesi. Infatti gli accessi al citato servizio di emergenza  tendono a non ridursi perché, obiettivamente, il cittadino fa ricorso molte volte in modo improprio, senza accedere a strutture alternative.

Occorrerebbe valorizzare e puntare sulla medicina territoriale, obiettivamente  ancora da perfezionare e potenziare,  ma alla fine si fanno percorsi alternativi e di conseguenza l’accesso al servizio offerto dall’ospedale rappresenta la strada più comoda nonostante le sfinenti attese e le condizioni di confort ridotte ai minimi termini.”