La distribuzione diretta dei farmaci in ospedale se da un lato offre il vantaggio del risparmio economico per l’A.Usl dovuto all’acquisto alla fonte dei medicinali, dall’altro tale scelta  comporta non pochi disagi per l’utenza oltre a creare squilibri nell’economia complessiva. I limitati punti di erogazione negli ospedali e nelle strutture sanitarie pubbliche e i pochi farmacisti messi a disposizione, provocano spesso lunghe file di attesa e, oltretutto, non offrono lo stesso servizio assicurato invece dalla rete capillare delle farmacie in termini di assistenza, di informazione e di rapporto con il paziente. Aspetti fondamentali e   assolutamente complementari alla mera consegna del farmaco.

Il paziente, insomma, va messo nelle condizioni di accedere liberamente alle farmacie del territorio e più comode per l’utenza senza vincoli prestabiliti. Oltretutto la capillarità delle farmacie, organizzata per l’intero arco della giornata e anche di notte e nei giorni festivi, rende più agevole oltre che più economico, specie per il paziente, il prelievo dei farmaci da parte delle persone interessate. Si corre il rischio, tra l’altro, di scavalcare in buona parte la rete delle farmacie capillarmente distribuite per creare una sorta di “farmacia di stato centralizzata” sul modello degli ex paesi socialisti dell’Est. Un modello, ormai fuori moda, se si pensa al concetto di liberalizzazione e se si considera, soprattutto, il presunto risparmio del Servizio sanitario per tale modalità di fornitura. Risparmio, dati alla mano, tutto da dimostrare alla luce delle spese del personale, quelle della gestione e della logistica e ad altri fattori non di scarso rilievo. D’altra parte tale servizio di distribuzione diretta sperimentata in altre Aziende sanitarie pare non aver prodotto risultati economici e sociali positivi rispetto ai tradizionali rapporti con le farmacie presenti sul territorio.

Andrebbe dunque ponderata meglio questa scelta da parte dell’Azienda sanitaria al fine di evitare costi sociali per la collettività.