Il Tribunale del lavoro di Ravenna ha dato ragione alla Filctem Cgil, ordinando la reintegra di una lavoratrice e delegata Rsu, licenziata, con decorrenza 22 novembre 2018, per utilizzo non appropriato dei permessi ex L. 104/1992 finalizzati all’assistenza di familiari disabili. “La lavoratrice usufruisce di detti permessi da diversi anni in quanto il padre, che è affetto da una grave malattia, necessita di continua assistenza” ha commentato il sindacato “Sicis S.r.l., a settembre 2018, ha incaricato di accertare le modalità di utilizzo di tali permessi un’agenzia investigativa. Il momento del licenziamento verosimilmente non è stato scelto a caso, dato che in quel periodo era aperto un procedimento per condotta antisindacale a carico della Sicis. Buona parte delle condotte antisindacali avevano colpito proprio la donna, che, da pochi giorni, aveva reso una testimonianza decisiva ai fini del giudizio in un procedimento giudiziario, che si è poi concluso con la piena vittoria del sindacato e una dura reprimenda nei confronti di Sicis S.r.l. Per ben tre mesi la lavoratrice è stata oggetto di pedinamenti, spesso fuori dall’orario di lavoro e ripetutamente oltre quello dei permessi ex L. 104/1992 ed addirittura in una giornata in cui non ne usufruiva, violando così la sua privacy e quella dei suoi famigliari, oggetto anche loro di pedinamenti. Si è anche verificato un inquietante episodio, che è stato denunciato ai Carabinieri: una sera la lavoratrice mentre controllava la propria buchetta postale è stata avvicinata da una persona, con il volto coperto da un casco integrale da motociclista, che le chiedeva se conoscesse “l’ubicazione dell’abitazione di tale ***” e quando ha capito che si trattava della donna che stava cercando si è velocemente allontanato raggiungendo la strada principale dove lo attendeva un altro uomo in sella ad una moto. Per la lavoratrice è stato un periodo difficilissimo, in cui ha dovuto difendersi da un’accusa infamante che metteva in dubbio la sua onestà e che disconosceva gli enormi sforzi da lei compiuti nell’assistenza del padre e nella gestione familiare, in un contesto in cui anche sul lavoro si trovava a subire le condotte poi annullate dal Tribunale. Essendosi comportata sempre in maniera corretta, ha affrontato la causa senza timore confidando nella Giustizia, che le ha poi dato ragione. La vicinanza delle sue colleghe e della famiglia sono state importanti, ma più di tutto teniamo a sottolineare la sua forza nell’affrontare un’accusa di questo genere dopo avere lottato precedentemente in Tribunale per fare rispettare i diritti fondamentali dei lavoratori in un’azienda che continua di fatto a non accettare”