Abbiamo apprezzato la prima presentazione degli obiettivi di Romagna Next, tenutasi a Forlì il 5 maggio scorso.

Ci convince, infatti, sia la volontà dei Comuni promotori di Rimini, Cesena, Forlì e Ravenna e degli altri che hanno aderito come partner, di mettersi in discussione attraverso una pianificazione strategica unitaria, sia il percorso di sincera condivisione con il mondo delle imprese e del lavoro, che è stato avviato.

Già questo basterebbe a giustificare una novità positiva – quella di una Romagna in grado di uscire dall’ombra dei campanili, per proporsi come una delle punte d’eccellenza dell’Italia che sa di dover cambiare molti dei propri paradigmi -, sostanziata con progetti che coinvolgono gran parte del nostro sistema infrastrutturale e territoriale.

Ma non basta; a Forlì sono state presentate molte suggestioni alle quali servirà dare seguito: in alcuni casi progetti già maturi e condivisi, come quelli che riguardano il sistema viario e la sanità territoriale; in altri, invece, progetti che le emergenze climatiche che si sono evidenziate in questi giorni hanno reso impellenti, come quelli che riguardano la tutela del territorio e la necessità di realizzare rapidamente nuovi invasi ad uso irriguo e civile.

Noi riteniamo si debba davvero partire da una visione comune, dalla necessità di garantire alla Romagna uno sviluppo che abbia l’obiettivo di consolidarne la competitività ma anche di rafforzarne l’attrattività, a beneficio di chi qui vive e lavora, ma anche di coloro che potrebbero arrivare da fuori, implementando il tessuto economico locale. Una prospettiva di sviluppo imprenditoriale che deve andare di pari passo con una nuova stagione di sviluppo armonico dei servizi e, conseguentemente, della qualità della vita.

Vorremmo evitare che al “volemose bene” tipico delle fasi iniziali anche dei progetti più affascinanti – e Romagna Next lo è, ne siamo certi -, seguisse una fase di stallo, all’interno della quale si eviti di iniziare a lavorare insieme, ad esempio attraverso una scala di priorità di intervento, che, invece, dovrebbe essere repentinamente definita.

Perché, è bene che ce lo diciamo sin d’ora, non tutti i progetti previsti saranno realizzabili; per non tutti vi saranno risorse sufficienti a realizzarli; non tutti, del resto, hanno la stessa importanza. Per Legacoop Romagna, voce di circa 400 imprese cooperative che hanno sede nei territori delle tre province romagnole, le priorità progettuali, a tutt’oggi, sono tre.

La prima sono sanità e servizi socio-sanitari (sanità territoriale) e quell’idea di fare della Romagna un “laboratorio sperimentale di salute collettiva”, che ci convince moltissimo. Condividiamo il richiamo forte all’integrazione fra sociale e sanitario, che leggiamo anche come rimando ad una riaffermata legittimazione della cooperazione sociale, ma partendo dalla consapevolezza che l’obiettivo non è certo nuovo e che gli anni della pandemia hanno putroppo affossato molte delle esperienze consolidate di programmazione condivisa dei servizi per l’infanzia, la disabilità, la non autosufficienza. Non può esistere integrazione senza confronto programmatico e senza radicare una forte consuetudine al confronto gestionale fra tutti i soggetti in campo, pubblici e privati. L’integrazione socio-sanitaria può essere strumento di efficientamento della sostenibilità del sistema ed anche di consolidamento della qualità dei servizi, ma solo a fronte di importanti innovazioni organizzative e culturali.

Una seconda priorità è rappresentata da infrastrutture e mobilità: è sui collegamenti che la Romagna si gioca nei prossimi decenni le sue potenzialità di crescita. Pensiamo al porto di Ravenna e ai collegamenti che, se potenziati, possono fare del nostro territorio un nodo strategico fra sud e nord Europa: E45, SS16, SS67, A14, ma anche alta velocità ferroviaria e ottimizzazione funzionale degli aereoporti di Forlì e Rimini. Un obiettivo che è raggiungibile solo attraverso un gioco di squadra granitico, sia istituzionale che associativo.

Terza priorità è la transizione ecologica, per ragioni ben note ed evidenti a tutti. Ci premono, in particolare, gli investimenti per il fabbisogno idrico, sui nuovi invasi, sullo stoccaggio, sul riutilizzo delle acque, che sono vitali per un settore strategico, quello agroalimentare, che è sempre più in sofferenza. Allo stesso modo – oggi più che mai l’obiettivo è sensibile – la Romagna deve fare i conti con una fragilità idrogeologica che mina dalle fondamenta sicurezza, qualità della vita e competitività economica.

A Forlì abbiamo ascoltato gli interventi determinati e forse anche ottimisti dei Sindaci ed Amministratori di Rimini, Cesena e Ravenna e Forlì. Auspichiamo che l’adesione alle linee strategiche di Romagna Next possa essere il preludio di una nuova sintonia istituzionale, in grado di guardare, progettare ed avvaire progetti di sviluppo, anche superando i confini delle tre singole province.

Per questo, con uno spirito che abbiamo letto essere pienamente condiviso da Confindustria Romagna, pensiamo sia necessario procedere con una scala di priorità, avviando immediatamente il confronto tra le amministrazioni comunali e le rappresentanze del mondo dell’impresa e del lavoro. Lavorando, assieme, per passare rapidamente, in pieno spirito romagnolo, dalle parole ai fatti.