Il Teatro Rasi completamente rinnovato ospita una nuova grande prova d’attore di Roberto Latini con In Exitu.

Martedì 22 febbraio 2022, con inizio ore 21 e la durata di 70’.

Exitu, è il titolo dell’ultima opera di Giovanni Testori, che ha come protagonista Gino Riboldi, un giovane tossicodipendente che si prostituisce girovagando per quella Milano degli anni ’80, che fra i Navigli, la stazione e la nebbia, genera figli umiliati e derelitti. Ragazzi che si aggrappano ai ricordi di una vita che si è girata contro a cui solo la misericordia (divina) può dare pace, riscatto, salvezza. Attore istrionico e carnale, Roberto Latini si cala nella lingua scottante di uno dei più grandi drammaturghi e poeti italiani del Novecento. Anche Roberto Latini, come Moni Ovadia e (prossimamente) Mariangela Gualtieri, è tra gli artisti coinvolti come docenti di Pratiche di creazione vocale all’interno del corso di Alta Formazione Pratiche di creazione vocale e sonora alla Scuola di vocalità e Centro studi internazionale sulla voce MALAGOLA.

Continuano in questo lavoro l’incontro e lo scambio artistico di Sandro Lombardi e Federico Tiezzi con Roberto Latini, che da qualche anno collaborano nella realizzazione di spettacoli e progetti come il Teatro Laboratorio della Toscana. E prosegue anche la storia della compagnia con Giovanni Testori e il lavoro di ricerca sulle lingue segrete del teatro. Marcel Proust sostiene che i bei libri sono scritti come in una lingua straniera cosicché, secondo lo scrittore francese, ogni lettore, sotto ogni parola, può mettere il proprio senso o almeno la propria immagine, che spesso è un “contro senso”. Anche per l’attore ogni testo è come se fosse scritto in una lingua straniera e il suo compito è tradurre da questa lingua nella propria. Adesso è Roberto Latini ad affrontare la furente inventività linguistica di In Exitu, del 1988, e a dare vita alla parola testoriana. L’uscita di scena di un tossico degli anni ’80 in una città qualsiasi tra le Milano di un nord qualsiasi è dolore e solitudine straziante di una vita consumata in evasione, in eversione. La narrazione cede il passo alla forma e si sostanzia su un piano raffinatamente linguistico. Testori come fosse il pusher di una lingua teatrale che si fa linguaggio. Drogato è il testo e le parole sfidano il pensiero e la sintassi, come l’Ulisse di Joyce, il Lucky di Beckett, come agli orli della vita, direbbe Pirandello.
Tutto sembra svilupparsi nella sensazione del fondamentale e iniziatico “Quem quaeritis” del Teatro Sacro Medievale. In mezzo, c’è una nebbia incapace di fermare il tempo e la consolazione. In Exitu è come una Pietà. La parabola parabolica di vita vissuta da Riboldi Gino è quella di un povero Cristo tenuto in braccio da Madonne immaginate, respirate, disarticolate, nella fonetica di una dizione sollecitata fino all’imbarazzo tra suono e senso, come fossero le parole a essere infine deposte dalla croce sulle quali Testori le ha inchiodate.

Questo testo fu pubblicato come romanzo nel 1988, ma subito trasformato in copione teatrale interpretato da Testori stesso e dal talentuoso Franco Branciaroli. Già il titolo del dramma anticipa il suo iter gnoseologico: l’espressione “in exitu” (cioè “all’uscita”) riprende l’incipit del Salmo 114 nella versione della vulgata, contenente il canto di liberazione di Israele dall’Egitto, ovvero la celebrazione dell’uscita dalla schiavitù verso il riscatto e la salvezza. Fino al 1993, anno della sua morte, Testori era stato prevalentemente isolato e contrastato dal contesto operativo e culturale sia milanese che nazionale. La sua drammaturgia, iper-audace nei contenuti e pluri-espressiva nel linguaggio, ha richiesto del tempo al teatro italiano per riuscire ad appropriarsene, a metabolizzarla, a metterla in circolo dentro la comune esperienza artistica. La (ri)scoperta teatrale di Testori avviene quindi solo dalla seconda metà degli anni Novanta, ma è subito entusiastica, contagiosa, necessaria per vivificare la scena contemporanea con la sua energia estetica, etica e intellettuale.

Attore, autore, regista, Roberto Latini si è formato presso Il Mulino di Fiora, Studio di Recitazione e di ricerca teatrale diretto da Perla Peragallo, diplomandosi nel 1992. Fondatore negli anni di Teatro Es e poi di Fortebraccio Teatro, compagnia volta alla sperimentazione del contemporaneo, alla riappropriazione dei classici e alla ricerca di una scrittura scenica originale. Ha diretto il Teatro San Martino di Bologna dal 2007 al 2012. Attualmente è parte della Compagnia Lombardi-Tiezzi.
Lungo l’elenco dei premi vinti: tra gli altri, il Premio Sipario nell’edizione 2011 per Noosfera Lucignolo, il Premio Ubu 2014 come Miglior Attore per il ruolo di Arlecchino ne Il servitore di due padroni, regia di Antonio Latella, il Premio della Critica nel 2015 per I giganti della montagna e il Premio Ubu 2017 come Miglior Attore per Cantico dei cantici.
Nella Stagione 2019/2020 ha ricevuto il Premio Le maschere del teatro italiano come Miglior spettacolo dell’anno per Mangiafoco.