“Dopo l’ultima mareggiata chi campa del turismo balneare ha suonato l’allarme: «L’ultima burrasca ha portato via un quantitativo enorme di sabbia e ora deve essere recuperata. A Marina Romea alcuni stabilimenti, che erano stati danneggiati nello scorso novembre, sono finiti di nuovo sott’acqua. In alcuni tratti sono state aggredite anche le fondamenta. Per alcuni bagni sono necessari interventi di consolidamento che richiederanno investimenti ingenti». Così la Cooperativa Spiagge che denuncia le conseguenze delle onde dell’ultima mareggiata che hanno superato la duna artificiale causando danni ingenti alle strutture, soprattutto a Marina Romea, Lido Adriano e Lido di Savio. La richiesta? «Chiediamo dune più robuste per evitare che simili episodi si ripetano».

Ravenna in Comune esprime solidarietà ai lavoratori delle spiagge e richiama l’esigenza di adeguare le misure di tutela dalle conseguenze del cambiamento climatico al progressivo inasprimento delle criticità. Tuttavia limitarsi a questo avrebbe la stessa efficacia di scopare il mare. All’inizio della scorsa stagione estiva mettevamo le mani in avanti: «C’è l’innalzamento del mare che si mangia la costa e che è appena costato alla Regione 23 milioni di euro: un intervento di ripascimento che, se siamo fortunati, conserverà la spiaggia almeno fino alla fine dell’estate». Siamo stati “fortunati”. È durato infatti fino alla mareggiata dello scorso novembre. E quella di questi giorni ha dato il colpo di grazia.

I geologi della Regione non hanno dubbi sulle cause immediate. Si deve al «problema della subsidenza, che interessa tutta la costa romagnola, in particolare l’area ravennate. La questione va ad intersecarsi con il tema dei cambiamenti climatici, che porta all’innalzamento dei mari e a situazioni critiche per le coste». Ci sono ancor meno dubbi sulle principali cause che portano a subsidenza e innalzamento dei mari: le estrazioni nell’entroterra e vicino alla costa e l’emissione dei gas serra. Per il nostro territorio è facile identificare cosa sta dietro entrambe le cause: il gas metano non è il solo ma certo è il principale indiziato. Dopo essere stato legato per tanto tempo all’economia di Ravenna e ad un tipo di processo industriale incentrato sul fossile, da tempo sappiamo di dovercelo lasciare alle spalle. Evitare di toglierlo dal sottosuolo terrestre e marino per tamponare la subsidenza. Evitare di bruciarlo e comunque disperderlo nell’atmosfera per rallentare il riscaldamento che provoca l’innalzamento del mare. Per rivolgerci invece alle energie rinnovabili. Ma ragioni squisitamente di profitto ce lo impediscono.

Il costo da pagare non è altro che la sopravvivenza stessa del nostro mondo come lo conosciamo. E, prima ancora, della fascia costiera ravennate. Le mareggiate sempre più frequenti stanno lì a ricordarcelo. E non sarà una duna più alta o un ripascimento più frequente a tirarcene fuori. Ravenna in Comune invita quella parte della cittadinanza che ancora si ostina a girare la testa dall’altra parte a tenere lo sguardo ben fisso su quanto aspetta i nostri figli se continuiamo a dar retta al Sindaco e agli altri politici e industriali che sguazzano nel gas liquefatto. Perché la prossima mareggiata non è in forse e porterà altri danni. Sempre più gravi. Sempre più frequenti. E se non si affronta il problema alla radice scopare il mare non servirà a niente.”