Continuiamo a farci del male prendendo atto del degrado del territorio. Non parliamo di quello che il vicesindaco confonde con la povertà visibile e che vorrebbe nascondere sotto il tappeto (magari con qualche denuncia e sanzione, che per il vicesceriffo sono musica, purché colpisca manifestanti o oppositori). Intendiamo propriamente degrado del territorio, quello denunciato dai dati del rapporto di Ecosistema Urbano 2022 di cui abbiamo parlato ieri. Ma anche delle risultanze dell’analisi del sistema di gestione dei rifiuti urbani nella nostra regione (il dossier “Comuni Ricicloni dell’Emilia-Romagna”), arrivato alla quindicesima edizione, di cui ci occupiamo oggi.

Il rapporto Ecosistema Urbano indica Ravenna al 68esimo posto tra i comuni capoluogo italiani per la categoria “rifiuti differenziati” e al 102esimo (su 105!) per produzione annua pro capite di rifiuti urbani. Il rapporto specifico sui rifiuti presentato a Rimini due giorni fa è più specifico. E, se possibile, ancor più impietoso verso la cattiva gestione ravennate. Un dato tra tutti: Ravenna da 10 anni non rispetta il limite fissato a livello nazionale per la raccolta differenziata, stabilito al 65%. I dati riferiti allo scorso anno mettono il comune di Ravenna in fondo all’elenco dei comuni capoluogo regionali per la quantità di rifiuto indifferenziato avviato in discarica: oltre 273 chili per abitante nel 2021. Facciamo male, come detto, anche come percentuale di rifiuti differenziati, fermi al 60,5%. Il nostro gestore, Hera, sarebbe il peggiore di tutta la regione sia per l’elevato indifferenziato che continua a smaltire che per la percentuale di differenziato che riesce a intercettare, se non fosse per il piccolo gestore dei comuni dell’appennino parmense che, indubbiamente, per la dispersione e la raggiungibilità difficoltosa dell’utenza affronta una situazione decisamente meno facile di quella della multiutility. Questi i dati di Hera che raggruppano i 135 comuni che gestisce in regione: 65% di differenziata e 242,3 chili di indifferenziato per abitante nell’anno. È evidente come, per quanto fortemente negativo, il dato medio è migliore di quello ravennate!

Per avere un termine di confronto si espongono di seguito le previsioni del vecchio Piano Rifiuti regionale, vigente fino a pochi mesi fa. Sul lato del residuo a smaltimento il Piano prevedeva un obiettivo generale regionale di 150 kg, mentre, rispetto alla raccolta differenziata era previsto un obiettivo regionale del 73% differenziato tuttavia per territori (65% in zone di montagna, 70% in comuni della costa e capoluoghi, 79% per gli altri). Come si situi la performance ravennate (e di Hera) anche rispetto alle regole stabilite dall’Emilia-Romagna è evidente: male!

Come dicevamo, ora la Regione si è dotata di un nuovo piano rifiuti. Tra gli obiettivi fissati figura, primo fra tutti, il raggiungimento dell’80% di raccolta differenziata al 2025. L’altro importante passaggio è quello della transizione alla tariffa puntuale: si paga in base ai rifiuti prodotti. Ci sono comuni nella nostra Regione che non avranno difficoltà a raggiungere gli obiettivi. Per altri, si tratta in realtà di obiettivi meno ambiziosi di quanto già conseguito lo scorso anno. Ferrara, ad esempio, differenzia all’87% del rifiuto prodotto e limita l’indifferenziato a 78 chili a persona all’anno. Ci sono 2 quintali di differenza a persona tra un ferrarese e un ravennate! Anche Forlì, del resto, è già arrivata all’82% con un carico di indifferenziato a persona fermo a 84,8 chili nel 2021. Non a caso Legambiente ha criticato il nuovo piano affermando che «il Piano, lungi dal riconoscere i risultati già raggiunti dai cittadini e dalle imprese nei territori più avanzati dell’Emilia-Romagna e spronare gli altri nella giusta direzione, assume un’ottica conservatrice».

Da parte nostra confermiamo il giudizio già espresso nel luglio scorso, al momento dell’approvazione del nuovo piano regionale:

«Ravenna in Comune ribadisce che, senza un cambio di rotta nelle politiche di gestione dei rifiuti da parte del nostro Comune, gli obiettivi fissati dalla Regione, per quanto considerati in arretramento, resteranno irraggiungibili per il nostro Comune. E le conseguenze sotto il profilo ambientale del fallimento di de Pascale & soci ricadrà su tutta la cittadinanza».