Ieri si è ricordata la strage che 48 anni fa insanguinava il centro di Brescia: la strage di Piazza della Loggia il 28 maggio 1974. Otto morti e oltre cento feriti per una strage nera, compiuta durante una manifestazione unitaria contro il terrorismo neofascista indetta da CGIL-CISL-UIL e dal Comitato antifascista della città. E se nella commemorazione il Presidente della Repubblica la può definire «un anello di quella catena nera del terrore che pretendeva di minacciare la convivenza civile e i diritti costituzionali», non è un’affermazione da prendersi come scontata. Giustamente lo stesso Presidente ha riconosciuto come fondamentale «l’azione dei familiari delle vittime che, riuniti in associazione e forti di un largo sostegno nella comunità, hanno tenuto alta l’attenzione verso una ricerca compiuta della verità sui responsabili dell’attentato».

Si è dimenticata infatti la lunga stagione di depistaggi, di collusioni con apparati dello Stato, degli inciampi nell’approfondimento delle responsabilità di quella che è stata una vera e propria strategia della tensione attraverso il terrorismo stragista orchestrata nell’ambito del neofascismo italiano. Ci si è dimenticato come tutto ciò nelle intenzioni di chi la promosse, anche dall’interno dello Stato, dovesse costituire la necessaria premessa ad una svolta autoritaria nel Paese. Ci si è dimenticato il tentativo di attribuire all’anarchismo l’esordio di quella stagione, dentro il quale tentativo si colloca la repressione pronta, gli arresti degli anarchici e la morte di Giuseppe Pinelli pochi giorni dopo la precedente grande strage, quella di Piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969.

Invece va tutelato il ricordo di Piazza della Loggia, di Piazza Fontana, dell’Italicus, della Stazione di Bologna. Il ricordo di Giuseppe Pinelli ucciso durante gli interrogatori nella questura milanese ma anche di Pietro Valpreda e degli altri anarchici incarcerati ingiustamente negli anni dei depistaggi. Il ricordo dei legami tra la destra italiana, quella di oggi, quella in Parlamento e quella che ha guidato l’assalto alla sede della CGIL il 9 ottobre dello scorso anno. Il legame con la destra “più antica”, quella del gerarca fascista Ettore Muti, commemorato dalla destra “più nuova” (la stessa che commemora la marcia su Roma a Predappio) al cimitero di Ravenna.

Come Ravenna in Comune onoriamo il ricordo delle vittime della strage di Piazza della Loggia ricordando che solo grazie alla nostra incessante pressione (prima da parte della nostra consigliera Raffaella Sutter e poi da parte del nostro consigliere Massimo Manzoli) si è cancellato lo sfregio alla memoria antifascista della città di Ravenna rappresentato dalla cittadinanza onoraria a Mussolini che lo stesso fascismo gli aveva tributato. Solo grazie alla nostra pressione si è imposta la sottoscrizione dell’adesione ai valori antifascisti della Repubblica per l’ottenimento degli spazi pubblici comunali. Proprio per questo, come Ravenna in Comune, condividiamo in questo caso (e non sempre lo facciamo) l’appello del Presidente della Repubblica perché «La memoria sollecita un impegno di testimonianza, rivolto anzitutto ai più giovani».