Ospedale flop. Questo è il titolo che accompagna la notizia della figuraccia mondiale rimediata dall’Auslona con il Santa Maria delle Croci ravennate. Mondiale, in quanto si tratta della classifica stilata da Newsweek tra tutti gli ospedali del mondo. E quello della nostra città ne esce con le ossa rotte, ultimo in Romagna e tra gli ultimi del nostro Paese: al 95° posto dei 127 classificati nella graduatoria riservata al nostro Paese per il 2023. E non sarebbe neanche ‘sta gran novità, visto che negli ultimi tre anni (prima non era nemmeno in graduatoria) il nosocomio ravennate ha sostanzialmente confermato il proprio ranking (anche se era andata leggermente meglio: 92° posto nel 2021 e 93° nel 2022). Ai primi quattro posti nella classifica degli italiani ci sono il Gemelli di Roma, il Niguarda e il San Raffaele di Milano e il Sant’Orsola-Malpighi di Bologna.

Certo, se si trattasse “solo” di aver rimediato una figuraccia (anche se mondiale), ci si passerebbe sopra più facilmente. Il fatto è che la classifica è stata stilata con un preciso scopo: «L’obiettivo di questo studio è fornire un termine di paragone basato sui dati prestazionali degli ospedali nei vari paesi. Ci auguriamo che ciò sia utile ai pazienti e alle famiglie che cercano la migliore assistenza per se stessi e per i propri cari, nonché agli stessi ospedali per un reciproco confronto». Non ci sarebbe comunque stata la necessità di una verifica su Newsweek, per quanto scientificamente basata, stante la possibilità per la cittadinanza di un diretto accertamento del progressivo sfaldamento di quella che è stata un’eccellenza. Deterioramento certo non imputabile al personale, medico e non, quanto piuttosto alla gestione politica della sanità locale.

Manca il punto il direttore generale dell’Ausl Romagna, Tiziano Carradori, quando si autoassolve e alla inevitabile domanda su cosa comporti la valutazione ottenuta nella comparazione tra ospedali, risponde: «Non serve a niente. Vale la rete. Non bisogna guardare il singolo ospedale poiché, ed è acclarato a livello internazionale, ciò che fa grande un servizio sanitario non è la singola eccellenza variamente misurata e variabile più o meno di un punto, quanto l’eccellenza della rete». Sarà, ma fermo restando che sia Forlì (49° posto della classifica italiana), che Rimini (65°) e Cesena (71°) continuano a ricevere una miglior valutazione, nessun ospedale dell’Ausl Romagna entra tra i 250 della classifica generale. Tra gli emiliano-romagnoli riescono a entrare, invece, sia il Sant’Orsola-Malpighi di Bologna (65° nella classifica mondiale) che il Santa Maria Nuova di Reggio Emilia (151°).

Per quanto riguarda la presunta “eccellenza della rete” che secondo Carradori è costituita dall’Ausl Romagna, ci basta ricordare qualche perla. Come la riduzione delle automediche, lo sfacelo del nostro Pronto Soccorso, il fatto che 4 posti letto su 10 nella nostra provincia non siano più forniti dal servizio pubblico, le lunghe liste di attesa per visite ed esami, la chiusura di ginecologia come reparto autonomo a Ravenna, la chiusura dell’unità di terapia intensiva coronarica a Faenza e quella del punto nascita a Lugo. E si potrebbe continuare.

La responsabilità è della classe politica che ha fatto perno sullo stesso partito per decenni (PD) e che per decenni ha condotto le danze in Regione, in Romagna e a Ravenna. Si chiamano De Pascale, Donini, Carradori, Bonaccini ma anche Errani. E anche qui si potrebbe continuare. Come Ravenna in Comune abbiamo già più volte denunciato le loro responsabilità nel depotenziamento del servizio pubblico a tutto vantaggio del privato. Il risultato è sotto gli occhi di tutte e tutti coloro capaci di tenerli aperti per guardare in faccia al problema. E non saranno quei politici a risolverlo, perché sono parte del problema.