Ravenna in Comune: nell'immagine volontari di Greenpeace impegnati in azione dimostrativa contro il CCS di ENI

“Il potere dei soldi è ben esemplificato dalla notizia diffusa sul patto tra i giganti del fossile per stoccare CO2 nel ravennate. Che, senza spiegare come, raccontano di “nuovi” 500 posti di lavoro. La notizia è una non notizia, visto che dell’impianto per lo stoccaggio della CO2 se ne parla da anni a Ravenna. Per la precisione: ci opponiamo da anni a che si utilizzino risorse economiche pubbliche, ai rischi che rappresenta questa tecnologia, al suo sostanziale fallimento certificato in giro per il mondo e alla sua vera natura di copertura per continuare a bruciare gas alla faccia della indispensabile transizione energetica. Per giunta, quello appena annunciato, non è nemmeno quel “più grande deposito al mondo di CO2” che Descalzi tirò fuori dal cappello fra le fanfare. Più modestamente riguarda la centrale a gas di ENI di Casalborsetti davanti alla quale manifestammo assieme ad altre associazioni, forze politiche e cittadini nel febbraio scorso. La centrale per la quale era già stato assegnato l’incarico di progettare l’impianto di captazione. Eppure leggiamo titoli come «ENI-SNAM accordo salva-ambiente» per rendicontare la contrattualizzazione del rapporto tra ENI e SNAM proprio per mandare avanti il progetto di Casalborsetti. Che semmai è rivelatore della vera natura del cosiddetto CCS: una tecnologia che, quando funziona, serve a continuare a bruciare gas per produrre energia nascondendo sotto un tappeto (bucherellato) la CO2 frutto della combustione. Una tecnologia che non impedisce, naturalmente, gli effetti climalteranti del metano. Una tecnologia che vede in tutto il mondo la chiusura di impianti perché non in grado di raggiungere i (pur modesti) traguardi che si prefigge. Una tecnologia che a Ravenna vuole stoccare CO2 sotto il mare fregandosene del rischio rappresentato da perdite e terremoti (tutt’altro che rari come sperimentato anche in questi giorni). Una tecnologia che punta a far continuare le cose come vanno oggi con la scusa di soddisfare le necessità dei settori industriali altamente energivori ma, in realtà, bloccando ogni possibile sostituzione dei fossili con le tecnologie elettriche già oggi presenti e le ricerche per innovare. In breve: una tecnologia utilissima alla filiera del fossile per continuare a guadagnare sulla nostra pelle come se non ci fosse un domani. Una riprova è data dalle speculazioni borsistiche già in atto sul titolo ENI non appena è stata diffusa (ad arte) la notiziaENI sale dopo ultime news in controtendenza sul Ftse Mib, sostenuto dal rialzo del petrolio, ma anche dalla novità di un progetto in Italia. Analisti bullish»).

Bene hanno fatto dunque Legambiente e il coordinamento della campagna Per il Clima – Fuori dal Fossile a denunciare immediatamente come strumentale l’operazione “grande notizia”. Come Ravenna in Comune siamo anche in questa occasione al loro fianco e altrettanto ci aspettiamo da cittadini, associazioni e forze politiche che hanno manifestato l’opposizione al fossile e il sostegno alle rinnovabili sin dalla grande prova di forza nazionale svoltasi proprio a Ravenna in Piazza Kennedy il 12 maggio 2021.”