Leggiamo di una maledizione chiamata in-work poverty: la condizione di povertà che riguarda i lavoratori, spinti sotto la linea della miseria da fattori che vanno dalla stagnazione retributiva a contratti precari. Praticamente il peggiore degli incubi: essere costretti ad un lavoro che non consente di sopravvivere. È l’esito che emerge dalla Relazione del Gruppo di lavoro sugli interventi e le misure di contrasto alla povertà lavorativa in Italia, presentata il 18 gennaio dal Ministro del Lavoro. I dati su cui si basa risalgono al 2019, l’anno precedente all’esplosione del Covid e ai suoi impatti su un mercato del lavoro già traballante. Per il 2019 si calcolava che l’11,8% dei lavoratori italiani versasse in condizioni di povertà. Ad oggi perciò si deve fare i conti con una realtà ulteriormente peggiorata. Secondo la relazione, le cause concorrenti sono da attribuire all’inconsistenza dei salari (in Italia appartiene alla categoria dei sottopagati il 25% dei lavoratori) che si somma alle difficoltà di riuscire ad ottenere una retribuzione per un lavoro a tempo pieno. Viviamo in pieno boom di contratti di part-time involontario e sono in aumento lavoratori con periodi di inattività che si intervallano fra un contratto a tempo (o atipico) e l’altro. E poi c’è il grigio, il nero e così via.

Che ora a livello locale le cose non vadano meglio lo rivelano numeri occupazionali ancora lontani da quelli del 2019. Secondo la segretaria della Cgil ravennate «dai confronti avuti con i segretari delle altre camere sindacali, lo scenario è molto simile in tutta la Romagna. Abbiamo dati riguardanti il primo semestre 2021 su cui abbiamo già svolto analisi approfondite e ci dicono che sulla provincia bizantina si sono recuperati 1.141 occupati. Questo però perché c’è un saldo positivo di 1.434 addetti con contratti di apprendistato, di tempo determinato o di lavoro somministrato. Infatti i contratti a tempo indeterminato erano, a giugno 2021, 293 in meno rispetto alla fine del 2020. Stiamo ultimando gli studi sul secondo semestre e hanno un andamento molto simile». Un indice della difficoltà lo dà anche la Caritas di Ravenna che nel 2021 ha fornito assistenza ad oltre 2.000 persone.

Stridono con questo quadro le recenti dichiarazioni del Sindaco in risposta a chi gli aveva chiesto se, dal punto di vista economico, il Comune stesse pensando a misure di aiuto ad hoc:

«L’andamento è molto particolare, ovviamente noi siamo pronti a muoverci e intervenire in caso di necessità, ma al momento la situazione è migliore di quella che potevamo sperare. E i dati in crescita sembrano essere strutturali, siamo ormai tornati alla normalità, come ci dice anche il governo».

Come Ravenna in Comune pensiamo che se la normalità è questa, sia il caso di cercare di elaborare proposte serie per uscire da quest’incubo. Un’Amministrazione che demanda tutto alle sole vaccinazioni, come continua a dire il Sindaco, non sembra avere una percezione della realtà in grado di concorrere a tirarci fuori dal pantano. Con questo andazzo, è certo che non “andrà tutto bene”…