All’interno del nel Consiglio comunale di domani pomeriggio, giovedì 28 aprile, la capogruppo di Ravenna Coraggiosa, Francesca Impellizzeri, presenterà un “question time” sulla pubblicità antiabortista.

In premessa si pone l’attenzione sulla “storica” legge 194 del 1978 che garantisce alle donne la possibilità di accedere all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), sottolineando che – nonostante siano passati più di 40 anni dall’entrata in vigore della legge stessa – periodicamente il diritto delle donne di interrompere volontariamente la gravidanza nei termini previsti dalla normativa, viene messo in discussione attraverso la propaganda antiabortista e con la presenza sempre più massiccia di sanitari obiettori di coscienza.

Detto questo, e considerato che l’art 12 del Regolamento per l’applicazione dell’imposta di pubblicità e diritti su pubbliche affissioni del Comune di Ravenna, asserisce che “la pubblicità non deve offendere le convinzioni morali, civili e religiose dei cittadini e deve rispettare la dignità delle persone in tutte le sue forme ed espressioni evitando ogni forma di discriminazione, compresa quelle di genere”, il question time sostiene che la recente affissione di manifesti nel territorio ravennate, da parte dell’associazione antiabortista Pro Vita, trasgredisce tale normativa paragonando l’aborto – pratica sanitaria prevista dal nostro codice legislativo – ad un reato penale.

Visto che il Comune di Ravenna sostiene il contrasto alla discriminazione di genere e promuove politiche educative alla salute volte alla tutela della donna e nel rispetto della legge 194/1978, e sottolineando come tale attacco alla suddetta normativa, sia un evidente attacco ai diritti conquistati dalle donne dopo anni di battaglie civili, alla libertà di scelta e al diritto alla salute, Ravenna Coraggiosa chiede al Sindaco e alla Giunta se intende procedere celermente con la rimozione di suddetti manifesti, e di attuare una modalità di controllo preventivo sulle pubblicità proposte, al fine di evitare che vengano nuovamente affisse pubblicità che possano ledere “la dignità delle persone in tutte le sue forme ed espressioni evitando ogni forma di discriminazione, compresa quelle di genere”.