Quota 103 con almeno 62 anni di età e 41 di contributi, una rimodulazione delle percentuali di rivalutazione delle pensioni rispetto all’inflazione, una stretta su Opzione donna e l’innalzamento delle pensioni minime a 600 euro limitato agli over 75: sono alcune delle novità in arrivo nel 2023 in attesa che si apra il confronto tra Governo e parti sociali a gennaio per arrivare a una riforma complessiva del sistema previdenziale che non si limiti come è accaduto negli ultimi 11 anni, da quando quindi è entrata in vigore la riforma Fornero, a limitati aggiustamenti.

Si conferma invece la possibilità di andare a riposo con 67 anni di età non essendo aumentata l’aspettativa di vita e con 42 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall’età anagrafica (oltre a tre mesi di finestra mobile).

La legge di Bilancio ha prorogato per un altro anno l’Ape sociale, la misura che consente a chi ha almeno 63 anni ed è in una condizione di difficoltà di avere un’indennità in attesa che si perfezionino i requisiti per la pensione.

Ecco in sintesi le regole per il pensionamento in vigore dal 2023.

– QUOTA 103: Chi ha almeno 62 anni di età e 41 di contributi potrà andare in pensione con una finestra mobile di tre mesi nel caso del lavoro privato e sei in quello pubblico (sette mesi per chi ha raggiunto i requisiti a dicembre). La platea totale è di circa 50mila persone ma è probabile che coloro che effettivamente la useranno siano molte meno della metà (come è accaduto per Quota 100). Le coorti che saranno interessate alla misura sono solo quelle del 1960 e 1961 (quindi 62 e 63 anni) perché quelle più anziane sono già uscite con quota 100 (il 1959 con 62 anni nel 2021) e le più giovani saranno ancora bloccate. Chi infatti avrà nel 2023 64 anni di età e 41 di contributi ne aveva già 62 di età e 39 di contributi nel 2021 e aveva quindi i requisiti per Quota 100. Un deterrente all’utilizzo della misura è nel limite all’importo fissato dalla manovra. La pensione non potrà superare le cinque volte il trattamento minimo (36.595 euro annui per il 2023) fino a che non saranno raggiunti i 67 anni o i requisiti per l’anticipata.

– RIVALUTAZIONE: per l’anno prossimo è un tema rilevante visto l’andamento dell’inflazione nel 2022. I redditi da pensione fino a quattro volte il minimo (2.101,52 euro al mese lordi) riceveranno la rivalutazione completa (il 7,3%). Per gli assegni tra le quattro e le cinque volte la rivalutazione sarà dell’85%; sarà del 53% per gli assegni tra le cinque e le sei volte il minimo per poi scendere al 47% per quelle tra sei e otto volte il minimo, al 37% per quelle tra otto e dieci volte e al 32% oltre le 10 volte. In pratica per gli assegni lordi superiori a 5.253 euro al mese la rivalutazione si limiterà al 2,33% con la perdita di quasi cinque punti.

– MINIME A 600 EURO: per gli over 75 e solo per il 2023 le pensioni minime (quelle che nel 2022 valevano 525 euro) saranno portate a 600 euro (invece che a 563 come sarebbe stato con la rivalutazione completa, fissata al 7,3%).

– OPZIONE DONNA: l’età di accesso alla misura che prevede il calcolo dell’assegno interamente con il calcolo contributivo sale a 60 anni (sempre con almeno 35 di contributi) ma con la possibilità di uno sconto di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due anni. La possibilità di utilizzare la misura sarà limitata alle donne in una situazione di svantaggio ovvero coloro che sono state licenziate, hanno una disabilità di almeno il 74% o sono care givers.

– RIMODULAZIONE COEFFICIENTI: Nel 2023 cresceranno i coefficienti di trasformazione del montante contributivo per il calcolo della pensione a causa della riduzione della speranza di vita dopo l’aumento della mortalità dovuta al Covid . Ciò significa che chi uscirà l’anno prossimo avrà una rendita più alta, a parità di età e contributi, rispetto a quella di chi è uscito nel 2022. A 67 anni il coefficiente è 5,723 a fronte del 5,575 del biennio 2021-2022, più alto anche del triennio 2016-18 (5,700).  (Ansa)