“Pasqua in tempo di guerra. Non è la prima volta che succede: una serie di guerre ad alta intensità e a bassa intensità si ripetono continuamente alle varie latitudini, ogni anno. Questa della Russia contro l’Ucraina però la vediamo e non riusciamo a spostare la nostra attenzione su altri argomenti o sulle fatiche quotidiane che stanno crescendo per le famiglie fragili, poco protette e per tanti poveri veri.
Le distruzioni, i cadaveri, i profughi, i racconti strazianti di violenze e torture, lasciano nelle nostre memorie e nei nostri pensieri tracce di angosce e di paure che condividiamo anche se a distanza. Le immagini e i volti, le parole e le lacrime, le espressioni dei bambini a volte “distratti” a volte coinvolti, non si possono dimenticare. Sono troppo vicini a noi, quasi famigliari e non riusciamo a mantenere quel giusto distacco che ci permette di reagire con il cuore ma anche con ragionevolezza per fare tutto il bene possibile per i profughi e per quelli che sono restati laggiù.
E noi celebriamo la Pasqua come ogni anno sapendo che il Signore è venuto per liberarci da tutti i mali e per concedere al mondo intero la sua pace, ma intanto il peccato del mondo continua a manifestarsi, anche in questa Settimana Santa, che è una settimana di passione per molti fratelli e sorelle, che si troveranno di fronte al rischio della morte.
Ma abbiamo la possibilità di reagire e aiutarli, senza cadere nella tristezza e nella rassegnazione al male, se seguiremo il Vangelo, la via tracciata da Gesù.
Possiamo intensificare una preghiera quotidiana, in ogni ora, per i violenti e per coloro che non vedono altre vie che la sconfitta dell’avversario o la vendetta per i mali subiti. Se non si riconquista il senso della dignità di ciascuno e il rispetto per i suoi diritti, se non si mette di nuovo il valore della giustizia sopra a tutto il resto nei rapporti umani personali, comunitari e tra popoli, se non si torna vedere anche in Caino una persona umana, un fratello, non conquisteremo la pace. Ma questa conversione o guarigione del cuore è un miracolo. La lotta vittoriosa contro il demone della guerra la può fare solo il Signore Gesù e la nostra preghiera costante che ci tiene uniti a Lui e ai fratelli.
Noi crediamo che la preghiera è più potente della guerra, è più forte dei potenti della terra, dei loro eserciti e delle loro armi, perché a Dio nulla è impossibile.
Del resto, leggiamo nella lettera agli Ebrei in questi giorni, che abbiamo un sommo sacerdote, Gesù, che sa sopportare le nostre infermità, perché ha condiviso la nostra sofferenza, è stato perseguitato, ha subito violenze e torture, è entrato nel tunnel della morte, è stato sepolto. Le violenze e le ferite che vediamo oggi continuano a insanguinare il suo Corpo e lo fanno ancora soffrire, dato che si è unito alla natura umana e a ogni uomo. La Speranza cristiana, che non ci abbandona nemmeno di fronte alla guerra e al lutto, nasce dalla testimonianza della sua Risurrezione. Non è scontato questo passaggio, questo salto nella fede, che vede in Dio un protagonista mai passivo della storia dell’umanità, e nella risurrezione il destino di tutte le sue creature, anche in tempi di guerra e di morte che sembrano ineluttabili.
Chiediamo perciò al Signore risorto che interceda dalla misericordia del Padre la protezione per la vita dei deboli, dei bambini, degli anziani, delle donne, dei malati. Ci ottenga la conversione dei cuori perché si rifiuti ogni violenza, soprattutto la violenza sacrilega della guerra. E gli chiediamo con fiducia un tempo nuovo di pace e di risurrezione. Noi ci speriamo e ci crediamo, nonostante tutto. Buona Pasqua.2
Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna-Cervia