La musica, rifletteva Pier Paolo Pasolini, è “l’unica azione espressiva forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà”: parole che confermano il fascino profondo che la musica ha esercitato sul suo immaginario di intellettuale, scrittore, poeta e, soprattutto, regista. Di quell’influenza è testimone anche il titolo Tra la carne e il cielo che Ravenna Festival ha scelto per la propria XXXIII edizione, dedicata a Pasolini nel centenario della nascita. E sabato 11 giugno, alle 18 nel Chiostro del Museo Nazionale, il rapporto fra Pasolini e la musica sarà al centro dell’incontro con Roberto Calabretto, professore associato all’Università di Udine, critico musicale e autore di una meticolosa ricerca sulla presenza e sul ruolo della musica nell’universo letterario e cinematografico di Pier Paolo Pasolini. L’appuntamento è a ingresso libero. L’omaggio a Pasolini continua anche la sera stessa, alle 21.30 a Sant’Apollinare in Classe, con l’Ensemble Zefiro e i Concerti brandeburghesi.

Laura Betti ricorda che Pasolini spesso chiamava la musica “Sua Maestà”, suggerendo come lo intimorisse e attraesse al tempo stesso. Dopo tutto la musica è sempre stata vissuta da Pasolini “come un atto totalizzante – scrive Roberto Calabretto nel saggio contenuto nel libro di Ravenna Festival 2022 – Sin dagli anni della sua giovinezza bolognese, egli viveva le esperienze d’ascolto alla radio come eventi decisivi della propria esistenza. Quando nel 1941 scrive a Franco Farolfi di aver scoperto il sinfonismo beethoveniano, confida all’amico che la vera musica non ha bisogno di immagini in quanto può divenire direttamente sentimento senza alcun intermediario: ‘la musica fa rivibrare in te (per mezzo di quel quid puramente musicale che in noi esiste, e deve solo essere coltivato), quel dolore, quel problema, quell’anelito’”. L’interesse per il mondo dei suoni affiora costante nella parabola personale e artistica di Pasolini e va considerato più di un accessorio della sua poetica cinematografica – una chiave, piuttosto, per comprenderne il pensiero.

Privo di una vera e propria formazione musicale – al contrario, per esempio, di Luchino Visconti – Pasolini costruì la propria relazione con la musica su una fortissima empatia. Sono note le circostanze della scoperta di Bach, che risale all’incontro con la rifugiata slovena Pina Kalc e che avrebbe rappresentato il baricentro delle colonne sonore dei suoi primi film. Un’altra amica, Elsa Morante, gli fece invece conoscere Mozart. Ma quello di Pasolini è un universo musicale estremamente eclettico: se il repertorio classico è anche uno strumento per la ricerca del sacro nel mondo sottoproletario (valga su tutte la celebre scena della lotta in Accattone), Pasolini si sente libero di ricorrere anche al materiale folklorico delle civiltà musicali extraeuropee, alla voce di Modugno per i titoli di testa di Uccellini e uccellacci, ai repertori popolari e della musica leggera…

Roberto Calabretto è professore associato all’Università degli Studi di Udine, dove insegna Musica per film, e collabora con l’Università degli Studi di Padova. Le sue ricerche sono orientate sulla musica contemporanea e, in particolar modo, sulle funzioni del linguaggio sonoro negli audiovisivi. Ha pubblicato monografie e articoli sulla musica nel cinema Pasolini, Michelangelo Antonioni, Robert Bresson, Alain Resnais, Luchino Visconti, Andrej Tarkovskij e altri registi. Nel 2010, per Marsilio, ha pubblicato Lo schermo sonoro, premio speciale «miglior libro di cinema» nell’ambito del Premio Internazionale Efebo d’Oro promosso dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici.