Paolo Agnelli, presidente di CONFIMI INDUSTRIA, Confederazione dell’Industria Manifatturiera Italiana e dell’Impresa Privata, presente in Emilia-Romagna nelle province di Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini e Ferrara, si fa portavoce dell’estrema preoccupazione relativa a quanto previsto dal recente emendamento al DL Semplificazioni in tema di sospensione dei permessi di prospezione, ricerca o coltivazione di idrocarburi.

In una lettera inviata ieri alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e ai vice presidenti Di Maio e Salvini, Agnelli rappresenta una grande preoccupazione, in primo luogo per le imprese insediate nella provincia di Ravenna, il principale distretto italiano dell’energia, espressione di un’industria tra le più avanzate in tutto il mondo che produce ricchezza per il territorio, occupazione e innovazione tecnologica nel pieno rispetto della sostenibilità ambientale.

Tale moratoria impedirà tra l’altro il rilascio di circa 36 titoli pendenti, contribuendo a rendere ancora più delicate le sorti di un settore messo duramente alla prova negli ultimi anni da continui cambi di orientamento politico.

Il distretto regionale, per esaustività di informazione, si concentra su Ravenna con il 13% delle aziende e il 29% dell’occupazione, ma prevede centri di eccellenza anche in area piacentina e parmense, fino alle provincie di Forlì-Cesena.

In Emilia-Romagna nel 2016 (dati Unioncamere) le aziende operanti direttamente e indirettamente in questo settore risultavano essere circa 1.000 con oltre 10.000 dipendenti.

Ad oggi stimiamo una riduzione di quasi il 50% con il rischio di scomparire completamente.

Agnelli ha sottolineato inoltre che, proprio a Ravenna, dal 1993 si svolge OMC “Offshore Mediterranean Conference and Exibition”, la manifestazione internazionale più prestigiosa del settore che il prossimo mese di  marzo si stima ospiterà 634 espositori, 33 Paesi presenti per un totale di circa 21.000 visitatori.

Tutto ciò assume toni paradossali se si considera la conferma ufficiale di ENI, giunta esattamente un anno fa, per 2 miliardi di investimenti da realizzarsi proprio nel distretto ravennate nei successivi 4 anni.

Se non verrà estratto gas dall’Adriatico – ha proseguito Agnelli nella missiva – il nostro Paese dovrà importarlo da Croazia, Albania, Montenegro che potranno così sfruttare i nostri stessi giacimenti: ciò porterebbe a una dispersione del 25% per la fase di pressurizzazione nell’immissione dei gasdotti, maggiori costi per il sistema produttivo e per le famiglie e minori entrate tributarie e fiscali per lo Stato, oltre all’inevitabile quanto drammatica perdita di migliaia di posti di lavoro.

Su 71 miliardi  di metri cubi di gas consumati in Italia, la produzione interna è attualmente

ridotta a 5,7 miliardi, quando nel 2008 era di 10 miliardi: secondo le stime dell’Ufficio Minerario le riserve certe di gas in Italia ammontano a 130 miliardi di metri cubi con un potenziale aggiuntivo pari al doppio per un valore compreso tra i 75 e 100 miliardi di euro.

Su queste somme Stato e Regioni potrebbero incassare almeno il 7% di royalties e il 40% di tasse, con benefici per le famiglie che risparmierebbero sulla bolletta del gas.

E’ evidente come tale preoccupazione vada a impattare sull’intero comparto nazionale dell’Oil&Gas che nell’aprile del 2016, supportato da CONFIMI INDUSTRIA con una precisa presa di posizione, in occasione del Referendum si schierò contro le istanze No Triv di cessazione delle trivellazioni nei mari italiani entro le 12 miglia dalla costa.

L’esito – prosegue Agnelli – fu a noi favorevole ma oggi dovremmo tornare a recuperare quello stesso impegno e solidarietà verso le imprese del settore facendo sentire la nostra voce, ancora più forte e a difesa dell’economia locale e nazionale.

Una politica che non favorisce lo sviluppo mediante efficaci politiche infrastrutturali, sostegno alla ricerca e impegno per una crescita in termini di competitività nazionale e globale, offre il fianco a posizioni confliggenti, strumentali a tornate elettorali o correnti lobbistiche, che nulla hanno a che vedere con il bene comune e la crescita del Paese.

Il rischio è che questo settore, strategico per il nostro Paese, possa essere definitivamente compromesso: nel 2050 si stima che il consumo di energia mondiale aumenterà del 50% e gestirlo solo con le energie rinnovabili sarà impossibile.

Un maggiore utilizzo del gas sarà invece fondamentale per creare quel mix di fonti energetiche necessario per far fronte allo sviluppo e al contenimento delle emissioni.

Confimi Industria confida quindi nell’autorevole intervento del Presidente del Consiglio affinché venga scongiurata una crisi ancora più pesante per il settore, e nel nostro Paese finalmente si possa elaborare un Piano Energetico Nazionale da troppo tempo atteso dal mondo imprenditoriale.