Anche a Ravenna tanti giovani in Piazza del Popolo per il Friday for Future, a ribadire l’urgenza di un serio impegno per contrastare il cambiamento climatico.

Molti si chiedono se sia l’ennesima, incoerente montatura del mondo globalizzato, e chi ci sia dietro la giovane Greta. Di sicuro si può invece intuire cosa ci sia dietro al giovane sindaco di Ravenna, che nemmeno 24 ore dopo promuove nella stessa piazza una manifestazione nazionale a favore delle fonti fossili, responsabili, come noto, delle emissioni di gas serra che stanno soffocando il Pianeta. Metano compreso. Leggiamo, nelle premesse dell’VIII Accordo appena siglato tra il Comune di Ravenna ed ENI: “Il Comune, coerentemente con l’impostazione adottata dal governo italiano con il “Decreto Sblocca Italia” e la sua successiva conversione in Legge (Legge 164 del 11/11/2014 (…) ritiene gli idrocarburi, ed in particolare il gas metano, una delle risorse energetiche di maggiore rilevanza del territorio ed anche che le attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli stessi rivestano carattere di interesse strategico e di pubblica utilità da inserire nell’ambito di una visione complessiva di programmazione e sviluppo, in coerenza e armonia con la valorizzazione del territorio e delle altre risorse esistenti, nonché nel rispetto dell’ambiente”.

Una linea completamente opposta a quella adottata dall’attuale Governo, contro cui la manifestazione di sabato è rivolta. L’unico Governo della storia della Repubblica italiana che ha deciso, tra mille incertezze e comprensibili difficoltà, di dare un segnale concreto verso la svolta energetica. Tutti contro, Regione a guida PD, Confindustria e sindacati ovviamente compresi. Il sindaco, in gennaio, aveva persino supplicato Salvini affinché facesse saltare la moratoria governativa. Ma notiamo che dall’VIII accordo è stata cancellata la vergognosa richiesta di ENI al sindaco di farsi parte diligente per riattivare i pozzi all’interno delle Valli di Comacchio, presente nel VII accordo e già bocciata anni fa dai Ministeri per manifesta incompatibilità ambientale e archeologica. Segno che le posizioni governative ed anche tanta sensibilizzazione sul territorio stanno dando i loro frutti.

Prosegue il VIII accordo: “Le Parti ritengono che le politiche e le azioni per uno sviluppo sostenibile devono integrare il mantenimento e lo sviluppo economico delle attività produttive con il rispetto degli equilibri ecologici e ambientali. In tale ottica di equilibrio lo sfruttamento delle risorse energetiche non può essere disgiunto dalla protezione dell’ambiente quale obiettivo primario della gestione del territorio”. E ancora: “A partire da aprile 2018 Eni ed il Comune di Ravenna hanno avviato una discussione in un Tavolo di Lavoro con il Ministero dello Sviluppo Economico per valutare la compatibilità di un’eventuale chiusura anticipata della concessione A.C27.EA con la normativa vigente. Tale iter di valutazione è al momento ancora in corso”. Tradotto: la piattaforma Angela Angelina estrarrà fino al 2027, come da scadenza della concessione, salvo che non si trovi qualcosa tra le pieghe delle normative per cui sia possibile chiudere prima?

E così, altri 3 milioni di euro entreranno anche quest’anno nelle casse del Comune. Di questi, 250 mila euro per i monitoraggi, effettuati da ENI stessa e che saranno soggetti a restrizioni per la loro divulgazione. 2,2 milioni andranno invece per la tutela costiera, della cui rovina evidentemente ENI è concausa, altrimenti non si spiegherebbe il perché della generosa “donazione”. ENI potrà proporre progetti propri per la difesa del litorale, e sarà anche possibile creare, con parte dei 2,2 milioni, un “fondo di emergenza”, nel quale possono ricadere interventi che rispondono a situazioni di urgenza. Insomma, c’è di che stare tranquilli, specie se i lavori sono come quelli a nostro parere totalmente inefficaci e sbagliati in corso in questi mesi per la protezione di Lido di Dante, con fondi ENI. Le dune superstiti sono state distrutte per far posto alle gabbionate di sassi poi ricoperte di sabbia. Alla prima mareggiata, la sabbia è stata spazzata via e le gabbionate sono semicrollate tra l’incredula ilarità e rabbia dei cittadini: ma il progetto deve andare avanti. Come l’appoggio del sindaco e del Comune di Ravenna alle fonti fossili.