Se la dedica a Dante è il sole centrale attorno a cui ruotano moltissimi degli eventi del programma 2021, il viaggio del Festival attraverso lo stratificato passato della città visita non soltanto la Ravenna dantesca ma anche quella bizantina. Per il ritorno nella più amata delle basiliche patrimonio Unesco, il Festival si specchia in uno dei volti indelebilmente impressi nella memoria collettiva, nello sguardo che nessuno di coloro che varcano la soglia di San Vitale può eludere (nemmeno, ci piace immaginarlo, Dante stesso). Così, nel giorno della Festa di una Repubblica che può e deve essere fondata anche sulla cultura e sulla musica, l’appuntamento inaugurale della XXXII edizione rappresenta pienamente la natura profonda del Festival, che dal passato trae ispirazione per il futuro, attraverso nuove produzioni e commissioni. 

Un elaborato copricapo di pietre e perle, fra le mani un calice d’oro tempestato di gemme, il manto tinto di porpora – la Basilissa ritratta nell’abside della Basilica di San Vitale sembra a incalcolabile distanza dalla giovane donna di cui racconta Procopio nella Storia segreta, figlia di un custode all’ippodromo di Costantinopoli e di un’attrice e danzatrice. Eppure Teodora – anch’ella iniziata all’ambigua, spesso oscena, professione della madre – realizza l’impossibile: nel 527 è incoronata Augusta dell’Impero Romano d’Oriente al fianco di Giustiniano e fin da subito interviene in questioni politiche, militari, religiose. E ancora oggi è santa per gli Ortodossi, al pari di Giustiniano.

“Affrontare questa figura così complessa, mi spaventava un po’ all’inizio – racconta l’autrice del libretto e regista Barbara Roganti – e ho compreso presto che se provi a raccontare Teodora la perdi. Abbiamo cercato allora di incontrarla, non facendo di quest’opera uno strumento didattico o di inchiesta e rinunciando allo sviluppo cronologico a favore di una drammaturgia che è un labirinto e un mosaico, costruito per connessioni, riverberi, somiglianze formali. Le fonti studiate hanno lasciato un segno nel processo creativo, una parola o un colore; il linguaggio è contemporaneo ma, nella propria scarna semplicità, si fa quasi arcaico. Mi piace pensare che, come il ritratto che deve aver raggiunto l’Italia perché gli anonimi artisti fissassero il volto dell’imperatrice nell’abside di San Vitale, gesto che è fonte del tanto amore e interesse di cui Teodora gode tuttora a Ravenna, la nostra opera contenga qualche riscatto. Per esempio nel conferire a Teodora, che Procopio vorrebbe incapace sia come cantante che come attrice, la meravigliosa voce di Roberta Mameli.”

“Molto diverso dagli altri miei lavori – spiega invece Mauro Montalbetti  Teodora invita gli ascoltatori a ricreare da sé l’immagine di quella che abbiamo voluto osservare come donna piuttosto che come figura storica: dietro a una scrittura fortemente comunicativa c’è un lavoro di ricerca che parte dalla tradizione del madrigale monteverdiano per costruire una relazione virtuosa fra suono e parola, con chiari riferimenti a una vocalità antica ma proiettata nel contemporaneo. Così la musica nasce dal testo, profondamente musicale, di Barbara Roganti, le cui doti poetiche ci hanno guidato nella scelta di parole quanto più ‘sonore’ possibili. L’enorme suggestione di San Vitale, luogo unico e magico, si riflette nell’atteggiamento degli strumenti e nel valore aggiunto del riverbero e dell’acustica propri di questo magnifico spazio.”

Attraverso cinque movimenti che scandiscono il tempo dell’esecuzione, aprendo episodi e mondi sonori differenti, l’opera è pervasa dal senso del rito e del teatro, un sentimento che lega la Teodora attrice alla Teodora imperatrice, le convenzioni del palcoscenico al cerimoniale imperiale. Tra i due estremi – la vita comune delle strade di Costantinopoli e le stanze del Palazzo, ma anche il potere terreno e quello spirituale che il seggio imperiale in sé riassume – la storia di Teodora non è mai univoca: il coro alterna testimonianza e vox populi, adorazione e detrazione, cronaca storica e calunnia, comprensione e menzogna.