“Il finanziamento con i fondi del PNRR del deposito di stoccaggio di CO2 a Ravenna è un’operazione di greenwashing che costerà 1,35 miliardi di euro e che consentirà ad ENI di continuare ad estrarre idrocarburi ritardando o compromettendo quella necessaria conversione energetica a cui si deve puntare attraverso le energie rinnovabili”. Lo denunciano Angelo Bonelli, Paolo Galletti e Silvia Zamboni rispettivamente coordinatore nazionale dei Verdi, co-portavoce dell’Emilia-Romagna e capogruppo regionale di Europa Verde. I quali aggiungono: “Nei suoi piani industriali Eni prevede nel quadriennio 2020-2023 investimenti per 24 miliardi in idrocarburi, praticamente oltre il 70% andrà alle fonti fossili e solo l’8% alle rinnovabili e nel 2050 l’85% della sua produzione sarà a base di fonti fossili. Il deposito di CO2, che sarà il più grande del mondo e stoccherà 300-500 milioni di tonnellate di CO2, serve quindi per continuare ad estrarre idrocarburi e poter certificare il taglio di emissioni di CO2,una gattopardesca operazione di greenwashing inaccettabile.”

 

“Lo stoccaggio dell’anidride carbonica nei fondali marini al largo di Ravenna, utilizzando le piattaforme per immettere la CO2 nei giacimenti esauriti – continuano gli esponenti Verdi- rappresenta un enorme rischio perché non sono noti gli effetti sismici che potrebbe avere, considerato che la costa di Ravenna è un’area fragile, dove sono in corso significativi fenomeni di subsidenza”.

 

“Un progetto analogo a quello di Ravenna – spiegano Bonelli, Galletti e Zamboni – è quello di Petra Nova in Texas che, messo in funzione nel 2017, chiuderà il 26 giugno 2021 perché non più sostenibile dal punto di vista economico: il costo dello stoccaggio della CO2 era di 65 dollari a tonnellata. Possiamo quindi immaginare quanto potrà costare l’immagazzinamento delle 300-500 milioni di tonnellate di CO2 a Ravenna: decine di miliardi di euro che verrebbero sottratti alla transizione ecologica per mantenere l’Italia dipendente dalle fonti fossili, che è il core business di Eni”

 

“Destinare risorse pubbliche per questo progetto significherebbe capovolgere il principio ‘chi inquina paga’ e scaricare sui cittadini una tassa sul carbonio che non serve a contrastare il cambiamento climatico ma a consentire a chi inquina di continuare a farlo”, concludono Bonelli, Galletti e Zamboni