Dai dati dei nostri centri antiviolenza emerge un elemento drammatico, il 37% delle donne accolte nel 2024 ha subito anche violenza economica.

In termini di numeri assoluti, parliamo di 1.307 donne che si sono trovate in questa condizione”.

A denunciarlo è l’assessora alla Cultura della Regione Emilia-Romagna, Gessica Allegni, partecipando al convegno ‘Il coraggio di contare?’, organizzato dal coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna.

A completare il quadro, il fatto che solo il 32,9% delle donne che hanno chiesto aiuto ai centri antiviolenza aveva un reddito sufficiente a mantenersi, mentre il 38,8% non guadagnava abbastanza e il 28,4% non aveva un lavoro.

Tra chi ha un reddito sufficiente a mantenersi, poi, il 17,7% è stata ostacolato dai propri mariti o compagni nel cercare o mantenere il proprio lavoro, il 53,3% è stata costretta ad assumersi impegni legali o economici non propri.

Sull’indipendenza economica si sono confrontate tante relatrici, tra cui Linda Laura Sabbadini, direttrice dipartimento metodi e nuove tecnologie Istat, Giovanna Badalassi, ricercatrice economista Ladynomics e Marcella Pirrone, gruppo Internazionale D.i.Re Donne in rete contro la violenza ed ex presidente di Wave, rete europea dei Centri Antiviolenza. Per Isabella Pavolucci, segretaria regionale della Cigil Emilia-Romagna “il part-time deve essere l’ultima delle opzioni, perché a farne le spese sono le lavoratrici. L’orario di lavoro deve essere pensato in maniera tale da consentire alle donne di mantenere i loro lavori full time e gestire le loro famiglie”. L’invito di Pavolucci è quello di andare a votare ai referendum sul lavoro dell’8 e 9 giugno “perché – spiega – anche questo è un modo per difendere la propria indipendenza”.

A tirare le fila è l’avvocato Laica Montanari, presidente e coordinatrice del coordinamento dei centri antiviolenza della regione. “Noi sappiamo che la Regione Emilia-Romagna si impegna molto, per certi aspetti è anche all’avanguardia, ma non basta – sottolinea – . Bisogna fare di più, parlarne di più nelle scuole, fare più campagne, solo così si può sperare di cambiare le cose”.

fonte Ansa