È scomparso Gino Geminai, uno dei più noti ceramisti faentini. La sua bottega in via Nuova era sempre al centro di numerose attività che avevano il fulcro in Italia e all’estero. Gino Geminiani si era formato nelle più note manifatture faentine; nel 1973, aveva aperto un laboratorio di foggiatura in proprio.

Dopo alcuni anni lasciò Faenza e per trasferire il laboratorio a Granarolo Faentino dove incrementò la produzione alzandone anche il livello, ma la produzione in terraglia bianca a colaggio a quel tempo non era ben vista in ambito faentino e nel 1979 fu costretto a spegnere i forni.

Dopo alcuni anni alle dipendenze di varie manifatture faentine, nel 1985 aprì di nuovo un proprio laboratorio. All’inizio produceva solo terrecotte, poi col tempo iniziò a produrre ceramiche di varie tipologie

Dal 1996 Gino Geminiani iniziò a lavorare da torniante nel laboratorio “Gemi” di Faenza, di proprietà della sorella Silvana, che si occupava prevalentemente della decorazione, diventando uno dei punti di riferimento anche per il tornio.

È stato il fondatore dell’associazione “Ceramicattiva”

“Purtroppo Gino ci ha lasciato” commenta Massimo Isola, vicesindaco di Faenza, assessore alla ceramica e presidente dell’Associazione Italiana Città delle Ceramiche “Le sue tracce sono profonde. Le sue idee ancora vivaci. La sua bottega rimane un punto di riferimento importante.  Una vita dedicata alla ceramica. Tanta gratitudine per un vero maestro. Ha aperto le sue porte ad artisti provenienti da ogni angolo di mondo. Ha prodotto migliaia di pezzi che sono nelle nostre case. Ha insegnato a lavorare al tornio a centinaia di persone. Ha costruito insieme a noi l’Ente Ceramica. Ha guidato il Mondial tornianti.  E molto altro ancora. Un vuoto grande”

“Oggi se n’è andata una parte stupenda della mia città: Gino Geminiani. Avrei voglia di scriverne moltissimo, ma in questo momento mi mancano le parole” ha scritto Matteo Zauli, direttore del Museo Carlo Zauli, sul proprio profilo Facebook.  “Per ora vorrei soltanto esprimere la mia tristezza, quella del Museo Carlo Zauli, quella della Scuola Minardi, che gli deve tanto”.