“La carenza di medici preoccupa non solo per le contingenze ma soprattutto per le prospettive. Infatti la situazione dei medici di base si somma a quelle delle criticità riscontrabili anche nel nostro ospedale e questo inquieta soprattutto per la pandemia ancora prepotentemente in atto e per quello che potrebbe determinarsi nell’autunno, magari col riproporsi di nuove varianti.
Invece ci sarebbe bisogno dei medici di base non solo per integrare il grande carico di lavoro che sopportano gli ospedalieri, ma anche per dare risposte efficaci ai bisogni sanitari del territorio.
Infatti con soli 11 posti coperti sui 39 necessari, appena il 28% della copertura richiesta, a soffrire saranno soprattutto le frazioni del forese. Le stesse “case della salute”, importanti presidi sanitari territoriali, rischiano la loro presenza o, in caso, la loro nuova istituzione, proprio per la carenza dei medici di base. In questo quadro credo divenga ancor più imprescindibile contare sulla valenza dell’Università col suo corso in Medicina e chirurgia che, proprio a Ravenna, ha una delle due sedi romagnoli.
Un ruolo quello dell’Università che andrebbe messo in valore in un rapporto biunivoco: da un lato un aumento della qualità didattica con l’integrazione importante tra studio-ricerca e pratica, e dall’altro l’aumento della qualità dell’offerta sanitaria con l’impiego dei giovani laureandi. In ogni caso una ricaduta positiva per tutti: università, ospedali, medicina territoriale e, soprattutto, cittadini.
Perché la sanità necessità di idonei spazi per le cure, adeguati organici di personale sanitario ma, in primis, dell’imprescindibile e insostituibile presenza di medici senza i quali la salute dei cittadini resterebbe solo un bellissimo nobile diritto sancito dalla nostra Costituzione.”