Leggendo le cronache di questi ultimi giorni mi viene da dire: “Ma ancora parla?”. Mi riferisco alle ultime uscite, inopportune, di Emanuele Filiberto di Savoia che ora vorrebbe addirittura fondare un partito e ripristinare la monarchia. Forse non gli è ancora ben chiaro che l’Italia è una democrazia e, soprattutto, una Repubblica parlamentare? Lo chiedo a me stesso, ma anche agli intellettuali di questo Paese. La Repubblica italiana, nata dalle lotte risorgimentali culminate con la guerra di Liberazione, è forte al punto da sopportare anche un Savoia che pensa di potersi riproporre come re d’Italia.

La nostra democrazia, infatti, a differenza della fu monarchia sabauda, consente a chiunque di poter esprimere liberamente il proprio pensiero. Dunque, la Repubblica garantisce la libertà. Libertà di espressione, di parola e di movimento a tutti, compreso il signor Emanuele Filiberto di Savoia. In questo caso però la domanda sorge spontanea: “Può la Repubblica garantire anche chi non la garantisce?” L’errore di aver cancellato la Tredicesima Disposizione transitoria e finale della nostra Carta Costituzionale, riammettendo i componenti maschi della famiglia Savoia senza chiedere loro di riconoscere la Repubblica, condividerne la Costituzione e rinunciare alle pretese dinastiche va ascritto a chi lo ha voluto, ignorando le attenzioni che il mondo laico e mazziniano segnalava, spesso tacciato di folcloristico veterorisorgimentalismo.

Invece a pochi anni da quella sciagurata scelta siamo qui ad assistere alle farneticazioni di un ex giovane svizzero che pretende non solo di fondare un partito ma di proporsi come re.

L’Italia ha bisogno di tutto tranne che di un re, vieppiù discendente di quella dinastia che ci ha regalato la dittatura nazifascista, scappando meschinamente quando era il momento di metterci la faccia, almeno per condividere insieme agli italiani le loro sofferenze vista l’incapacità di governarne i processi. E non ha bisogno di un re perché uno ce lo ha già: la Legge, vale a dire l’unico sovrano che una democrazia ammette e che una Repubblica riconosce. Sono un amministratore Repubblicano e appartengo a quella schiera di pubblici amministratori che nei valori mazziniani sono cresciuti e fondano il proprio operato sul senso del dovere, sull’etica nell’azione politica e sulla laicità dello Stato.

Invece, quella che si definisce come terza repubblica si fonda su un sovranismo populista grillosalviniano che non contempla il rispetto dei valori suddetti e che di per sé, anche senza macchiarsi anche della presenza di un partito savoiardo, riesce a farci rimpiangere i tanto vituperati governi della prima. Per questo credo sia indispensabile rilanciare un fronte repubblicano che esalti i valori del repubblicanesimo e quelli mazziniani di Repubblica intesa come comunità di liberi e uguali che vivono sotto l’egida della Legge e, in particolare, la legge delle leggi: la Costituzione.

Un fronte che, in nome dell’universalità del repubblicanesimo, continui nel sostenere il disegno di Europa, azzerando ogni tentativo di ritorno ad un nazionalismo protezionista e ad una cultura dell’autosufficienza che, in una società globalizzata, multietnica e multiculturale, può essere solo nella fantasia di chi alla responsabilità del governo dei fenomeni preferisce l’incoscienza della demagogia, alimentando suggestioni tanto illusorie quanto pericolose. Rafforziamo il disegno mazziniano, non le farneticazioni in libertà.

Ecco perché occorre che gli esponenti più autorevoli del mondo culturale e accademico, insieme alle personalità di spicco del nostro Paese, si mobilitino e sottoscrivano un appello ai cittadini che lanci un allarme serio sui pericoli che la deriva in atto rischia di provocare.