Dopo i prestigiosi prestiti giotteschi dalle Gallerie degli Uffizi e dell’accordo siglato fra Ravenna e Firenze, un’altra significativa opera arriverà a Ravenna direttamente dal Museo del Louvre di Parigi per la mostra Dante. Gli occhi e la mente. Le Arti al tempo dell’esilio, a cura di Massimo Medica, in programma presso la Chiesa di San Romualdo di Ravenna dal 24 aprile al 4 luglio 2021.

La mostra è promossa dal Comune di Ravenna, Assessorato alla cultura e organizzata dal MAR – Museo d’Arte della Città di Ravenna anche grazie al prezioso contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, della Camera di Commercio di Ravenna e della Regione Emilia- Romagna. 

 

 

Oggi si è svolta la conferenza stampa per la presentazione della scultura, Madonna in Trono con Bambino, alla presenza della Vice Ministra agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale Marina Sereni, del Sindaco di Ravenna Michele de Pascale, dell’Assessora alla cultura del Comune di Ravenna Elsa Signorino, dell’Arcivescovo della Diocesi di Ravenna e Cervia Mons. Lorenzo Ghizzoni, dell’Ambasciatore di Francia in Italia Christian Masset, del Parlamentare Europeo Sandro Gozi e del curatore della mostra nonché direttore del Museo Civico Medievale di Bologna Massimo Medica.

Si tratta della scultura che in origine proteggeva il sarcofago del Sommo Poeta e che, per le celebrazioni dantesche nel settecentesimo anno della sua morte, torna a Ravenna dopo circa 160 anni in occasione della mostra Le Arti al tempo dell’esilio.
Dopo la morte avvenuta tra il 13 e il 14 settembre del 1321, a seguito dell’ultima impresa diplomatica svolta per conto del da Polenta di Ravenna a Venezia, Dante, venne sepolto in una piccola cappella addossata al muro del convento di San Francesco a Ravenna, che anticamente era conosciuta come “La Cappella della Madonna” per via della presenza di una antica immagine mariana identificata dallo studioso Corrado Ricci con quella oggi conservata al Museo del Louvre, proveniente infatti da Ravenna. 

A seguito di diverse trasformazioni del sepolcro di Dante e della ricostruzione da parte dell’architetto Camillo Morigia, la Madonna fu del tutto rimossa e si persero le sue tracce fino a quando, verso il 1860, fu acquistata a Ravenna da un collezionista francese il barone Jean-Charles Daviller (Roma, 1823-Parigi, 1883) che nel 1884, la donò al museo del Louvre. 

Si tratta di un indiscusso capolavoro realizzato in marmo, databile tra la fine del Duecento e gli inizi del Trecento, che ritorna per l’occasione nella città di origine, documentando la sua pertinenza alla tradizione bizantina, rivisitata tuttavia secondo una sensibilità già tutta occidentale e gotica.
Ancora oggi nel museo Dante di Ravenna si trova un calco in gesso dell’opera, donato alla città nel 1921 dal governo francese, in occasione delle solenni celebrazioni del VI Centenario della morte dell’esule fiorentino. L’altorilievo rappresenta la Vergine assisa in trono elegantemente drappeggiata all’antica, mentre il Bambino, benedicente con la mano destra e raffigurato come autorevole Maestro, tiene il Rotolo delle Sacre Scritture con la sinistra. 

“Questo altorilievo in marmo, raffigurante una Madonna in Trono con Bambino, secondo l’ipotesi di Corrado Ricci fu reimpiegata nella primitiva sepoltura di Dante a fianco della basilica di San Francesco a Ravenna (Ricci 1921, pp. 309 – 310; p. 369, note 58 –59). Nella spoglia cappella, detta della Madonna, collegata da un doppio portichetto all’oratorio di Braccioforte, un’immagine mariana era scolpita sopra un modesto sarcofago che custodiva le spoglie del sommo Poeta” afferma Filippo Trerè, Storico dell’Arte.

“Ancora oggi nel museo Dantesco di Ravenna si trova un calco in gesso dell’opera, donato alla città nel 1921 dal governo francese per volontà del Ricci stesso, in occasione delle solenni celebrazioni del VI° Centenario della morte dell’esule fiorentino. L’altorilievo rappresenta la Vergine assisa in trono elegantemente drappeggiata all’antica, mentre il Bambino, benedicente con la mano destra e raffigurato come autorevole Maestro, tiene il Rotolo delle Sacre Scritture con la sinistra” prosegue Trerè.

“L’oratorio funebre di Dante, dopo diverse trasformazioni subite nei secoli, fra gli anni 1780 -’81 fu ricostruito dall’architetto ravennate Camillo Morigia che rimosse dal luogo la Madonna originale (allora esposta a sinistra dell’ingresso principale) facendola collocare nel nuovo edificio delle Scuole Pubbliche che stava costruendo (oggi l’ex conservatorio “Giuseppe Verdi” in via Pasolini) (Beltrami 1783, p. 184). In seguito si persero le tracce di questa scultura che, verso il 1860, fu acquistata a Ravenna da un collezionista e scrittore d’arte francese, il barone Jean-Charles Daviller (Roma, 1823-Parigi, 1883). Nel 1884 questi donò il notevole pezzo, con buona parte della propria collezione di opere d’arte, al museo parigino del Louvre. Sulla base anche di una fonte – probabilmente orale – che affermava che l’opera fosse stata “…vendesta a un Francese…”, Corrado Ricci riconobbe nella Madonna del Louvre la scultura originale tolta al sepolcro dantesco (Michel 1921). Così l’opera conservata a Parigi, nonostante la mancanza di documenti, potrebbe essere la Madonna in Trono con Bambino identificata dallo studioso ravennate” spiega Trerè.

“In essa si avverte una frontalità ancora di impronta bizantina con accenni di volume estranei alla cultura figurativa orientale e più vicini a quella gotica espressa da Benedetto Antelami. Tutti questi elementi fanno pensare ad un maestro di educazione veneziana, attivo sullo scadere del XIII sec. a Ravenna (Trerè 2009, pp. 47 – 84). Così infatti osservava Pietro Toesca: a Venezia ebbe fortuna, tra il secolo XIII e il XIV, codesta maniera a rilievo colmo, improntata a caratteri bizantini, che si possono rintracciare nella scultura veneziana fin entro il Trecento(Toesca 1927, pp. 803-804)” afferma lo Storico.

“Un esempio accostabile al rilievo del Louvre è documentato dalla Madonna annunciata della chiesa veneziana di San Giacomo dell’Orio (metà del XIII sec.) (Tigler 2009, p. 147). Questa scultura, nonostante sia in pietra e a tutto tondo, è confrontabile con la presunta icona dantesca anche nelle tracce di policromia (Trerè 2011, p. 18). E proprio dal marzo 1251 Venezia, nuovo ponte fra oriente e occidente (Ravegnani 2019, pp. 105-182), controllava economicamente Cervia e quindi Ravenna, con l’imposizione del nuovo patto sul sale (Pierpaoli 2001, p. 51)” conclude Filippo Trerè.