14/03/2018 – Pubblichiamo la replica al direttore ERT Claudio Longhi da parte del presidente Andrea Papetti ed dal vice presidente Simone Ortolani dell’Associazione culturale “San Michele Arcangelo” “Il diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero, sancito dall’art. 21 della Costituzione, è stato definito dalla Corte Costituzionale la «pietra angolare dell’ordine democratico» (sentenza 17 aprile 1969, n. 84). Naturalmente, le pubbliche manifestazioni devono essere condotte in modo rispettoso delle leggi, pacifico e assolutamente non violento. Stupiscono, pertanto, i toni utilizzati dal dottor Claudio Longhi, direttore dell’Ert – Emilia Romagna Teatro, che, sul Resto del Carlino del 13 marzo, del tutto inopinatamente, ha paragonato la richiesta di chiarimenti – espressa anche da parte dell’Associazione culturale “San Michele Arcangelo” – sulla consistenza e sulle finalità dei contribuiti pubblici grazie a cui rappresentazioni teatrali – come quella dell’adattamento del “Delitto e castigo” del regista russo Konstantin Bogomolov – sono finanziate, ai roghi dei libri nella Germania nazista. Questa richiesta di informazioni, evidentemente legittima, non può essere paragonata al deprecabile e orrendo tentativo dei nazisti di distruggere la cultura “non allineata”. Appare inoltre fuorviante accostare, come ha fatto il dottor Longhi nella stessa intervista, i contributi pubblici, provenienti dalle tasse dei cittadini, alle scelte di una casa editrice privata come la Einaudi, che ha pubblicato “Delitto e Castigo” di Fëdor Dostoevskij: come soggetto privato, essa compie le proprie decisioni editoriali nell’ambito del libero mercato, investendo soldi propri e non dei cittadini. Occorre poi evidenziare che il “Delitto e Castigo” rappresentato all’Alighieri è una rielaborazione estremamente libera del capolavoro della letteratura russa, come evidenziano unanimemente critica e spettatori, senza alcuna pretesa di un’autentica attinenza filologica al testo e al pensiero di Dostoevskij, autore, sia detto per inciso, profondamente cristiano. E, ovviamente, il Crocifisso androgino oggetto della contestazione del Popolo della Famiglia e dell’Associazione culturale San Michele Arcangelo non ha alcuna relazione con il pensiero del grande scrittore russo, né è presente nel suo libro, ma deriva da una scelta artistica di Bogomolov. Verrebbe da chiedersi, quindi, cosa Dostoevskij c’entri realmente con tutto questo. Probabilmente, solo il titolo del suo romanzo ha un’affinità con il lavoro teatrale rappresentato all’Alighieri: quasi una coincidenza. Si potrebbe anche affermare, sul piano artistico, che Bogomolov abbia mal interpretato o voluto correggere Dostoevskij, o non lo abbia capito fino in fondo. Per il genio di Dostoevskij, la religione cristiana era liberante e redentiva per l’uomo, l’arte di Bogomolov suggerisce una prospettiva diametralmente diversa. E’ invece un atteggiamento che evoca le dittature del Novecento – il Comunismo ateo sovietico o il pagano III Reich, entrambi accomunati dall’uso sistematico del teatro e del cinema per “educare il popolo” – quello suggerito da alcuni commentatori che hanno tacciato di bigottismo il gioioso momento di preghiera del Rosario di fronte al Teatro Alighieri, ieri sera. Si vuole forse impedire a gruppi di cittadini di manifestare liberamente e democraticamente, esprimendo in modo civile e rispettoso delle leggi e dell’ordine pubblico, le proprie opinioni? O si desidera mettere loro il bavaglio prima che si azzardino a chiedere le dovute delucidazioni sul piano amministrativo alla classe politica su iniziative teatrali che non possono rappresentare quella fascia di cittadini contribuenti che si riconosce nella religione cattolica?