“C’è chi lotta da anni per liberare il pianeta dai combustibili fossili e dai loro danni al clima dei quali tutti stiamo vedendo sempre più drammaticamente le conseguenze e ci sono i soliti residuati fossili che periodicamente tornano a caccia di finanziamenti pubblici in sostegno degli anacronistici combustibili fossili”. A dichiararlo sono Paolo Galletti e Gian Luca Baldrati di Verdi/Europa Verde

Ritorna infatti in auge il progetto CCS, Carbon Capture and Storage della CO2 a Porto Corsini. Il 19 gennaio si terrà a Ravenna un nuovo convegno sul progetto, cui parteciperanno, oltre a SNAM, ENI, HERA, Confindustria e CGIL, anche il consigliere regionale Gianni Bessi e il sindaco di Ravenna De Pascale, “sempre in prima fila quando è il momento di sostenere l’industria dei combustibili fossili” criticano i due esponenti dei Verdi.

“Secondo la tesi dei proponenti, il progetto avrebbe scopi meritevoli, perché dovrebbe catturare e immagazzinare fino a 920 mila tonnellate l’anno di CO2 emesse dai grandi inquinatori ravennati, che quindi non finiranno in atmosfera. Tutto perfetto?

No. I proponenti del CCS avevano già tentato di farsi finanziare l’investimento col PNRR, con l’assenso del Governo Conte, finanziamento poi negato dalla Commissione Europea e ora ci riprovano con l’Innovation Fund EU.

Perché la prima bocciatura dall’Europa? Perché qua di sostenibile e di ambientale non c’è proprio niente.
Le attività di produzione di energia sono responsabili del 75% di emissioni di gas serra, sarebbe paradossale che fossero gli enti pubblici, quindi i cittadini, a dover pagare i danni dell’industria dei combustibili fossili! In secondo luogo l’iniezione di CO2 in giacimenti esausti, come si vuole fare al largo di Porto Corsini, permette di estrarre ulteriori combustibili fossili che diversamente non erano più estraibili. Una soluzione, quindi, che incrementa il problema che dice di voler risolvere! Inoltre utilizzare i giacimenti esausti per lo stoccaggio della CO2 diventa un escamotage per le industrie dei combustibili fossili per evitare i costi di ripristino ambientale che dovrebbero pagare per le concessioni (e i guadagni) che hanno avuto.
In pratica il CCS diventa l’ennesimo sistema per privatizzare i guadagni, facendo pagare i costi alla collettività, di un progetto mascherato di sostenibilità ambientale, ma che sostiene solo i combustibili fossili.
Noi, anche alla luce di un 2022 che, dai primi dati sembra figurarsi come il più caldo di sempre, nonché uno dei più siccitosi, almeno per le nostre zone, come sempre sosteniamo le fonti rinnovabili e non questo rigurgito fossile”.