Il servizio Area Valutazione Impatto Ambientale e Autorizzazioni della Regione Emilia-Romagna ha archiviato il progetto per il “proseguimento della coltivazione della cava di Monte Tondo nei Comuni di Riolo Terme e Casola Valsenio”, proposto dalla Saint Gobain, sulla “base della nota di ARPAE SAC di Ravenna, che comunica la richiesta di ritiro della domanda inviata dallo stesso proponente, la Saint Gobain Italia Spa.
Infatti, con un documento presentato il 13 dicembre scorso, la Saint Gobain, dopo aver precedentemente richiesto una proroga dell’attività estrattiva per 5 anni, ha ritirato l’istanza premettendo che: “la società ha sempre condotto attività estrattive nel sito tenendo in massima considerazione i profili paesaggistici e di coltivazione coerente” e “nello spirito di integrare il progetto di continuazione della coltivazione, ferma restando la persistenza dell’interesse ad operare anche per la tutela socio-economica degli occupati.”.
Secondo la Federazione Speleologica Regionale dell’Emilia-Romagna tuttavia la Regione “non avrebbe potuto dare una Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) positiva. L’attività estrattiva non ha nessun impatto positivo sull’ambiente; anzi, come è a tutti noto, è la peggiore forma di distruzione del paesaggio in quanto irreversibile. Inoltre, tale proroga non poteva essere nemmeno giustificata dall’esigenza di non interrompere l’attività, in quanto è già stata concessa una proroga di un anno per la revisione del PIAE”.

Ora la Provincia di Ravenna e la Regione devono predisporre il nuovo PIAE. Ormai, a due mesi dalla proroga annuale. Per gli speleologi “Dopo anni di confronti, studi e valutazione, non è ammissibile un ulteriore ritardo”.
“Gli amministratori dispongono di tutti gli elementi di conoscenza a partire dalle leggi, che non consentono un ampliamento dell’area di cava e la distruzione dei fenomeni carsici” fa notare Massimo Ercolani, presidente della Federazione emiliano-romagnola. “Hanno, o dovrebbero avere, la consapevolezza (come da loro stessi affermato) che ‘l’area estrattiva ha profondamente e in modo irreversibile alterato e modificato la situazione originaria dell’affioramento della Vena del Gesso’ e in particolare distrugge un ambiente di eccezionale importanza, il sistema carsico del Re Tiberio, che è anch’esso parte fondamentale del ‘patrimonio naturale unico dal punto di vista geologico/speleologico, naturalistico, paesaggistico ed archeologico’ come sostenuto dalle stesse amministrazioni locali. L’ultimo studio, voluto dalle amministrazioni locali e commissionato dalla Regione, rifacendosi allo studio ARPA del 2001, ha raccomandato di non ampliare l’area di cava e ‘di considerare il nuovo periodo di attività come l’ultimo possibile e concedibile, inserendo opportune clausole di salvaguardia negli atti autorizzativi corrispondenti’. È indicato come periodo possibile la durata stessa del PIAE ‘indipendentemente dalla eventuale minore utilizzazione da parte del concessionario del volume autorizzabile’ ”.

La Federazione non risparmia di sottolineare come Saint Gobain e amministratori abbiano avuto 20 anni di tempo “per costruire e sostenere una riconversione produttiva tale da cessare la distruzione della Vena del Gesso. Ora è possibile, a condizione che non vengano distrutti ulteriori fenomeni carsici ed in particolare quelli referenti alla Grotta del Re Tiberio, concedere un “decennio di ulteriore attività mineraria per attuare adatte politiche” affinché dopo 73 (settantatré!) anni si smetta di distruggere la Vena del Gesso romagnola e, come avvenuto nelle altre aree della Regione, non ci siano più cave negli affioramenti gessosi”.