immagine repertorio

Negativi gli arrivi per il Comune di Ravenna nei primi 8 mesi del 2018 di un 2,6%, composto da una crescita sulla città d’arte del 1,8% e un calo, invece, del 4,9% sui lidi. Sarebbe giunto il momento di smettere di fare commenti su risultati, positivi o negativi siano, da “zero virgola”, tuttavia, dal momento che piace, va detto che in questa occasione ci troviamo davanti a numeri che parlano da soli ed obbligano a fermarsi per una riflessione generale.

Il primo dato che emerge dipinge Ravenna come una nave in viaggio senza comandante, alla merce’ del vento e delle intemperie, vittima di oscillazioni più o meno forti sulla base di quello che madre natura regala.

Il secondo elemento evidente, rimanendo in metafora marittima, e’ la costante navigazione a vista, per tramite di decisioni prese estemporaneamente.

A metà del mandato De Pascale, il quale, va ricordato, fece la scelta politica precisa di nominare direttamente il suo Assessore con delega turismo e grandi eventi, ci troviamo ancora in completa assenza di politiche strutturali; il Piano Strategico, unico strumento in grado di fornire linee guida pluriennali, ponendosi obiettivi concreti, e’ diventato ormai un miraggio, un bel sogno che rimane chiuso in un cassetto.

La tassa di soggiorno, inoltre, continua a non essere adeguatamente reinvestita nel territorio, diventando quindi un obolo a carico dei turisti atto al foraggiamento di altri assessorati, anziché una risorsa per migliorie ad infrastrutture e ad arredi urbani, con buona pace di quella vetrina turistica che una città con 8 monumenti patrimonio UNESCO meriterebbe.

In questi due anni e mezzo abbondanti si sono spese svariate decine di migliaia di euro in consulenti vari che ci dicessero nero su bianco di cosa Ravenna avrebbe avuto bisogno per un rilancio turistico: dal progetto “Ravenna Ascolta”, voluto nel 2016 dall’allora Assessore con delega al turismo Massimo Cameliani e costato circa 12mila euro di denaro pubblico, il quale, per quanto ben fatto, e’ sostanzialmente rimasto parcheggiato in una soffitta ammuffita, fino ad arrivare alla ormai leggendaria “Analisi reputazionale dei 9 lidi ravennati” che ci regalerà sicuramente grandi soddisfazioni dall’alto dei circa 20mila euro di denaro pubblico spesi.

Non dimentichiamo altresì i circa 60mila euro spesi per il “Servizio di strategia di comunicazione per la Destinazione Ravenna” che comprendeva progettazioni grafiche innovative, produzione contenuti (vedasi video riportanti più videomapping che monumenti Unesco) e campagne web marketing.

Impossibile omettere anche la creazione della piattaforma web “il turismo che vorrei”, facente parte del progettone appena menzionato, la quale avrebbe dovuto diventare l’originalissimo forum di raccolta idee, commenti e suggerimenti sulla nostra destinazione, ma che si scopre innanzitutto essere un progetto riciclato da altri appalti ottenuti fuori regione e che, almeno per Ravenna, risulta essere stato visitato e cliccato probabilmente da amici e parenti degli autori e nulla più: un successone.

Come non aggiungere a tutto questo il boom ottenuto con l’hashtag #myravenna, che avrebbe dovuto sfondare sul web creando una vera e propria community (a proposito… chi ha vinto – e cosa – il contest fotografico organizzato in occasione della presenza in città della ruota panoramica più alta dell’empire state building?); seguono i conteggi dei like, delle condivisioni, delle visualizzazioni e dei seguaci instagram, fatto sta che si continua ad attendere ansiosi l’arrivo di scelte politiche che generino utili alle aziende di settore, i quali, a loro volta, produrrebbero posti di lavoro e reinvestimento privato nel territorio.

Se non si prende coscienza di quanto sta accadendo, rimanendo prigionieri del “modello villaggio vacanze” nella programmazione turistica, non solo si continuerà a navigare a vista nella speranza di non sbattere su qualche scoglio, ma nascerà un fatale distacco dalle imprese di settore, le quali, ovviamente, avranno sempre meno fiducia nell’operato di questa giunta, già piuttosto inerme, silenziosa e passiva.

Ravenna non ha bisogno di consulenti da foraggiare, ha bisogno di una classe politica adeguata e poco conta organizzare gli “Open Turismo”: continueranno a parteciparvi solamente dipendenti pubblici, rappresentanze politiche e pochi, sparuti, sfiniti imprenditori, magari ultimi veterani rimasti dei famosi cento firmatari del programma turistico di De Pascale durante la campagna elettorale.

Da cento che erano, chissà quanti sono oggi a ballare l’hully gully con l’Assessore Costantini.