“Quasi 3 milioni di euro, 1 milione e 400 mila per il 2018 e 1 milione e 400 mila per il 2019, saranno destinati dalla Regione Emilia Romagna ai comuni, per garantire la continuità sul territorio dei servizi di orientamento attraverso i propri enti di formazione pubblici”. A dirlo è il consigliere Mirco Bagnari, dopo aver presentato l’interrogazione relativa ai finanziamenti per la formazione professionale.

“Attraverso la legge regionale di riordino (numero 13 del 2015) si mette nero su bianco il sostegno all’attività di orientamento svolta dai comuni, attraverso l’azione quotidiana dei centri di formazione pubblici  – spiega Bagnari -. I centri hanno un’importanza e una specificità strategica che permette di aiutare le famiglie e i giovani nelle scelte scolastiche e formative. Per questo la Regione vuole sostenerli e riconoscerne il valore come servizio e presidio sui territori. I fondi arrivano al termine di un confronto e un lavoro comune che ha visto impegnati anche i sindacati nelle ultime settimane, proprio per permettere la continuità nell’attività di orientamento e salvaguardare l’occupazione all’interno degli enti di formazione pubblici non in forma assistenziale ma con un nuovo fronte progettuale innovativo e di grande importanza sociale”.

Stabilita l’entità delle risorse, la Giunta definirà ora i criteri per la concessione dei contributi. “A questo primo intervento seguirà un’ulteriore azione per costruire su tutto il territorio regionale Reti di orientamento – conclude -. È dei giorni scorsi, infatti, l’approvazione da parte della Commissione Ue di una modifica del programma operativo regionale Fse 2014-2020 richiesto e voluto dalla Regione stessa, che permetterà alla Regione di approvare, già nelle prossime settimane, un ulteriore piano di finanziamento pluriennale per progetti dei comuni destinati all’orientamento e alla promozione del successo formativo. Si tratta del risultato positivo di un lavoro politico lungo e approfondito svolto in Regione. La ricetta vincente sulla formazione professionale è quella di integrare le capacità  dei centri privati e di quelli pubblici, senza disperdere la grande esperienza costruita da questi ultimi nello svolgere funzioni poco appetibili per il mercato ma di grande importanza sociale ed umana”.