Continua la crescita delle attività imprenditoriali gestite da lavoratori immigrati in Emilia Romagna, che superano le 53mila unità alla fine del 2018, e si conferma il rilevante contributo da queste garantito agli equilibri dei sistemi socio-economici locali.

Nella difficile congiuntura degli anni più recenti, segnati dalla persistente tendenza alla contrazione del tessuto di impresa regionale, il continuo aumento delle imprese condotte da immigrati (+16,0% dal 2013 e +2,8% nell’ultimo anno a fronte del -5,0% e del -1,0% fatto registrare dal resto delle imprese) ha mitigato sensibilmente questo andamento, determinando – di riflesso – l’affermazione dell’imprenditorialità immigrata come componente strutturale del locale sistema del lavoro indipendente.

Le imprese condotte da lavoratori nati all’estero rappresentano ormai l’11,7% di tutte le imprese registrate negli elenchi delle Camere di Commercio del territorio, un’incidenza in continuo aumento e tra le più elevate nel quadro delle regioni italiane (la media nazionale è del 9,9%).

D’altra parte, l’Emilia-Romagna si evidenzia anche nel gruppo delle regioni in cui è più rilevante la presenza di attività indipendenti guidate da immigrati: l’8,8% del totale nazionale, la quota più elevata di tutto il Nord-Est (che nell’insieme ne raccoglie il 20,4%) e la quarta dell’intero Paese.

In più di 3 casi su 4 si tratta di imprese costituite nella forma della ditta individuale: sono infatti oltre 41mila gli immigrati titolari di imprese di questo tipo sul territorio regionale, tra cui le donne incidono per poco meno di un quarto (23,4%).

Bologna (20,3%), Reggio Emilia (16,4%) e Modena (15,5%) ne raccolgono da sole oltre la metà, seguite da Parma (9,8%), Ravenna (9,3%), Rimini (8,4%), Forlì-Cesena (7,5%), Piacenza (6,7%) e Ferrara (6,0%).

Ciascun territorio si caratterizza per lo specifico protagonismo di determinati gruppi nazionali, che maggiormente si evidenziano nel panorama dell’imprenditorialità locale. I cinesi, in particolare, che primeggiano anche sul piano regionale (12,5% del totale), rappresentano la collettività più numerosa tra gli immigrati titolari di un’impresa individuale sul territorio di Reggio Emilia (15,9%) e di Modena (18,4%) e si distinguono come il secondo gruppo più numeroso a Bologna (13,6%), a Ferrara (13,1%) e a Forlì-Cesena (12,5%). A Bologna (14,4%), invece, come pure a Ravenna (19,4%), primeggiano i romeni, mentre gli albanesi – oltre ad essere una componente di rilevo dell’imprenditorialità immigrata in tutte le province del territorio – rappresentano la collettività prevalente a Rimini (18,4%), Forlì-Cesena (17,8%) e Piacenza (15,4%). A Parma, si evidenziala forte presenza di piccoli imprenditori tunisini (18,4%), che seppure in misura minore segna anche il territorio di Reggio Emilia (12,9%), mentre a Ferrara prevalgono i marocchini (13,5%), comunque diffusi su tutto il territorio regionale.

Quanto alla distribuzione per settori e comparti di attività, rispetto al quadro nazionale si rileva il maggior peso dell’industria, che raccoglie quasi la metà degli imprenditori qui considerati (48,0%), eguagliando i servizi (48,2%). Le costruzioni (38,0%), in particolare, trainano l’inserimento nell’ambito industriale, seguite dalla manifattura, che nonostante le difficoltà degli anni più recenti, continua a raccogliere circa un decimo degli imprenditori immigrati qui considerati (10,1%). Il commercio (25,2%), invece, svolge un ruolo analogo nel terziario, seguito dal comparto ristorativo-alberghiero (7,2%), tra quelli in maggiore crescita negli ultimi anni.

In tutte le province edilizia e commercio si affermano come i principali ambiti di inserimento, con la sola eccezione di Reggio Emilia, dove la manifattura rappresenta il secondo comparto di attività (dopo le costruzioni). Più in particolare, l’edilizia rappresenta il principale bacino di inserimento in tutti i territori, tranne che a Rimini e Ferrara, dove a prevalere è il commercio.

“Nel tessuto economico e produttivo regionale le imprese immigrate costituiscono spesso un interessante ed efficace motore di sviluppo, o rilevando attività di autoctoni altrimenti destinate alla chiusura (come negozi, ristoranti, ditte artigiane ecc.) o anche ‘inventando’ nuovi servizi e prodotti, spesso in collegamento con i paesi d’origine, che sostengono in misura sempre più significativa l’economia del territorio e talvolta danno lavoro anche a diversi italiani” commenta il presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS, Luca Di Sciullo

“Sono più di 53mila le imprese gestite da imprenditori stranieri in Emilia-Romagna. Di queste circa la metà, oltre 25mila, sono imprese artigiane. Si tratta di imprese che rappresentano quasi il 12% del totale regionale e che contribuiscono in modo importante alla ricchezza regionale. Mi piace pensare a queste imprese non solo come a un luogo del saper fare, ma anche a luoghi di accoglienza e di integrazione: attività che stanno portando valore al tessuto economico locale ‘restituendo’ ricchezza a una terra che ha consentito e incentivato lo sviluppo del loro progetto imprenditoriale” commenta il Direttore di CNA Emilia Romagna, Fabio Bezzi.

“Come associazione – prosegue Bezzi – ci dobbiamo interrogare su quale sia il miglior sostegno che la nostra Associazione può dare a questi imprenditori. Non va dimenticato che nei nostri territori ci sono molti settori presidiati quasi interamente dall’imprenditoria straniera, solo per fare qualche esempio basti pensare al tessile o ai servizi alla persona. C’è inoltre un altro aspetto, che più difficilmente viene letto dalle statistiche, a cui occorre prestare molta attenzione: sono sempre più numerosi i nuovi italiani che “sfuggono” alle rilevazioni. Da una parte ci sono i cittadini stranieri che ottengono il passaporto italiano, dall’altra – cosa ancor più rilevante – le seconde e terze generazioni, gli “italianissimi” figli di immigrati che restano, per ovvie ragioni, legati a sistemi culturali di appartenenza. È anche a servizio di questa nuova imprenditoria che la nostra associazione può e deve svolgere un ruolo importante”.

Richiama l’attenzione sui nessi tra migrazioni e sviluppo Laurence Hart, Direttore dell’Ufficio di Coordinamento per il Mediterraneo dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni – OIM: “La relazione reciproca tra migrazione e sviluppo comporta anche la partecipazione attiva dei migranti nelle comunità. L’imprenditoria migrante esprime questa partecipazione attiva e comporta benefici sia per la crescita delle economie locali sia per la coesione sociale consolidando quotidianamente rapporti di fiducia tra le persone. Le schede territoriali mostrano l’importanza di un’attenzione alla diversità e alle caratteristiche specifiche dei tessuti produttivi regionali e provinciali e come l’imprenditoria migrante costituisca un valore aggiunto. In effetti, l’imprenditoria migrante e multiculturale favorisce anche la proiezione ai mercati internazionali attraverso l’accesso facilitato ad informazioni e reti transculturali e transnazionali”