16/03/2018 – Lo scambio di vedute che si è sollevato su “Il Mar Morto, certificazione del decesso”, la mia nota pubblicata lunedì scorso, si è comprensibilmente intrecciato con la discussione del bilancio di previsione 2018 del Mar stesso avutasi martedì in Consiglio comunale, a cui purtroppo non ho potuto partecipare essendomi dovuto assentare alle 18.20 a causa di una visita medica fissata per subito dopo. L’assessore alla Cultura Signorino vi ha reagito fermamente in sede di dibattito, ricevendo tuttavia il voto contrario di tutti gli altri cinque gruppi di opposizione. Da quanto letto sugli organi di stampa e da dichiarazioni ex post rilasciate dall’assessore stessa, il senso della sua replica si può riassumere nella “inefficacia di una valutazione basata solo su dati e numeri”, ai quali ha contrapposto le entità condizionanti degli investimenti pubblici e la qualità delle diverse offerte culturali. Fermo restando che al MAR “i numeri” dei visitatori sono crollati tra l’epoca Spadoni e l’epoca Signorino, come ho dimostrato senza essere smentito, replico, a mia volta, che non sono“gli investimenti” a fare la differenza, essendo stati pressappoco dello stesso calibro, come dimostrano i bilanci del MAR dell’ultimo anno Spadoni (€ 848.000) e del primo anno Signorino (€ 874.317). Gli investimenti fanno invece la differenza a favore di Forlì (4 o 5 volte superiori), ingiustamente tirata in ballo, o con altre città, molto più generose con le loro “grandi mostre”. Il riferimento dell’assessore alla mostra dell’ormai lontano 2018 su Corrado Ricci per gli “appena” 11.000 visitatori ricevuti, non avrebbe dovuto trascurare che per tutto il mese precedente la sua inaugurazione il museo è stato senza personale, lasciato a casa per interrompere la continuità dei contratti, cosicché è partita praticamente senza promozione e pubblicità. “La cura del bello musei, storie, paesaggi per Corrado Ricci”, è stata peraltro una mostra molto apprezzata dalla critica per la scelta coraggiosa di incentrarsi su una personalità (ravennate) emerita come critico d’arte, non artista. Il MAR si è imposto tra i migliori musei (comunque con successivi “numeri” di visitatori di assoluto rispetto anche in ambito nazionale) proprio per la sua qualità, certificata dall’apprezzamento generale dei migliori critici ed esperti, non solo italiani, oggi totalmente dimentichi di Ravenna. Signorino non può smentire neppure che la maggiore pubblicazione del settore, il “Giornale dell’Arte”, elencando ogni mese le “mostre da vedere” nel mondo e in Italia, a novembre 2017 abbia consigliato di visitare circa 300 mostre di 42 città italiane (tra cui Faenza e Forlì) e a dicembre 280 di 34 città (tra cui Forlì), senza nominare quella del MAR. Né che a dicembre la rivista ha intervistato 84 critici e direttori di musei perché indicassero “IL MEGLIO E IL PEGGIO” delle mostre d’Italia nel 2017, potendo ognuno citarne un certo numero, senza che nessuno abbia nominato quella del MAR. Ma è soprattutto la cifra stilistica che fa la grande differenza. Almeno fino a quando a Ravenna si faranno mostre riciclate da altrove, com’è stata questa del 2017 su “Scultura e mosaico”, presa pari pari da quella effettuata con lo stesso curatore a Montevarchi nel 2014, con l’aggiunta di sole opere di mosaicisti ravennati, in gran parte neppure sculture. A Ravenna si facevano, con pochi soldi, mostre di grande originalità e spessore artistico, a cui, con tutto il rispetto dei nuovi mentori del MAR, prestavano veri capolavori d’arte i grandi musei del mondo.