Per sua propria volontà, Paolo Passanti ha ricevuto stamani l’estremo saluto in forma silenziosa e privata, nella basilica di San Francesco, a due passi da Dante. C’erano i familiari e gli amici più stretti, non autorità, non altri. Né poteva essere altrove. Qui, in quel tragico luglio 1993, aveva detto arrivederci, con la morte nel cuore, a Raul Gardini. E poi, appena due anni fa, alla sua consorte Idina Ferruzzi, fedele alla memoria e alla grandezza di Raul finché ha avuto voce. Com’è stato Paolo, l’amico dell’anima, il consigliere, il fratello maggiore. Forse la parabola terrena di Raul finisce oggi con lui.
Imprenditore capace e risoluto in agricoltura e nell’agroalimentare, nel commercio e nell’editoria, si è speso su molti fronti della vita cittadina: sociale, economico, culturale, sportivo, diocesano. Avendo intessuto intensi rapporti, a beneficio della comunità ravennate, col mondo delle istituzioni e della politica, è stato tuttavia attento a non farsene incapsulare, nutrendo anche verso loro quello spirito critico pungente, ma mai astioso, che ne ha distinto il carattere.
Presidente degli industriali ravennati dal 1985 al 1992, nel fulgore dell’epopea Ferruzzi-Gardini, salendo poi ai vertici regionale e nazionale della Confindustria, ha fronteggiato in prima linea, con intelligenza e passione, gli slanci e le inquietudini successivi alla prima repubblica. Entrati in un secondo millennio denso di innovazioni esplosive e di accelerazioni, ma anche di sconvolgimenti e lacerazioni, frenato anche da dure crisi economiche, ne è stato sempre più disilluso e amareggiato. Riducendosi le forze fisiche, da ultimo assistito a tempo pieno nella sua villa di campagna, ne ha risentito lo spirito prima che il corpo.
Diventammo amici, io un maestrino di scuola elementare e niente altro, quando mi volle alla redazione del settimanale diocesano L’Argine di don Francesco Fuschini, di cui gestiva la contabilità, lanciandomi dopo due anni nella mia prima avventura di consigliere comunale. Da allora, siamo stati ininterrottamente, fuori dei riflettori, in piena comunione e sintonia. Gli alti e bassi di ciascuno non hanno mai intaccato un’amicizia inossidabile. Mi è rimasto impresso il suo sorriso gioioso quando, la vigilia dello scorso Natale, mi lanciò gli auguri dal finestrino dell’auto su cui si era fatto accompagnare a casa mia. Avendo difficoltà di movimento, oltreché di parola, ci abbracciammo come fu possibile lì su strada, lui da dentro la macchina.
Aveva ormai dato tutto, ricevendo molto meno e troppe dimenticanze.