Il 5 marzo scorso, il Consiglio comunale ha discusso i bilanci 2021, cosiddetti “consuntivi”, di cinque delle proprie società partecipate, a partire da Ravenna Holding, loro “cassaforte”, che ne comprende in tutto 13. Tutti i gruppi di opposizione hanno votato contro ogni deliberazione presentata al riguardo dalla Giunta de Pascale. Nel dibattito, oltre all’assessore Costantini che l’ha introdotto, ha effettuato un intervento (di 41 minuti) solo il sottoscritto, condiviso dal resto dell’opposizione, essendosi ogni altro consigliere limitato a dichiarazioni di voto. Per par condicio rispetto alla maggioranza, occorre che i cittadini ne conoscano almeno la sintesi.

100 POLTRONE

Vero è che 14 società partecipate, avendo superato indenni la riforma nazionale del sistema che ne pretendeva il disboscamento, sono troppe. Ne basterebbero poche, accorpandone una buona parte ad altre o tra loro, oppure facendone rientrare i servizi tra quelli dell’amministrazione comunale. Ci si chiede, ad esempio, perché stiano in piedi le tre più minuscole, con ricavi esigui: Ravenna Entrate (3,9 milioni nel 2021), ormai senza senso, dato che la riscossione delle entrate è stata affidata alla società Municipia; ASER (2,8 milioni), addetta esclusivamente ai funerali; ed Acqua Ingegneria (882 mila), incredibile neonata, posseduta da Ravenna Holding, Autorità Portuale e Romagna Acque, incaricata di svolgere in autarchia attività di ingegneria e di progettazione per i propri azionisti e per gli enti loro proprietari (in primis il Comune di Ravenna). La risposta è evidente: servono tutte, dato che le più grosse si ramificano a loro volta in altre società partecipate, per distribuire oltre un centinaio di poltrone retribuite tra i partiti e i movimenti che sostengono il sindaco de Pascale. Fanno gola anche gli appalti, le forniture, le assunzioni di personale senza alcun limite, le consulenze, ecc., tutto gestito spesso con poca o nulla trasparenza, ma con molta “politica” di parte. Caso limite è la SAPIR, che pur essendo posseduta in maggioranza da enti pubblici dello stesso colore politico, rifiuta di essere sottoposta a controllo pubblico. Di fatto, è la mano pubblica nascosta che tiene in pugno il porto.

CARROZZONI IN AFFANNO

Gli eccezionali risultati di bilancio prodotti nel 2021 dalle società partecipate del Comune di Ravenna vantati dalla maggioranza, vanno visti alla luce degli ingenti capitali dei cittadini di cui si avvalgono i maggiori carrozzoni. Ravenna Holding esulta perché il proprio bilancio è di “dimensione eccezionalmente positiva, utile netto superiore ai 13 milioni”. Rapportati ad un patrimonio di 534 milioni, essi rappresentano però un utile di appena il 2,4%. Senza l’entrata straordinaria di 1 milione e 751 mila euro dalla vendita di azioni di Hera, sarebbe l’1,9%. Dovendo gestire esclusivamente il patrimonio composto solo da titoli azionari e da immobili, un buon commercialista lo farebbe meglio. Romagna Acque, proprietaria di tutte le fonti idriche del territorio, da cui estrae l’acqua potabile che vende ai Comuni in regime di monopolio, ricava, da un patrimonio di 436 milioni, l’utile di appena l’1,7%. La SAPIR stessa, dotata di un patrimonio di 104 milioni, ne ha tratto l’utile scarso del 2,9%. Ravenna Farmacie, 48,6 milioni di patrimonio, comprese 16 farmacie tutte in ottime posizioni di vendita ed un magazzino farmaceutico all’ingrosso tra i più potenti in Emilia-Romagna, ha prodotto un misero utile dell’1,3%, addirittura lo 0,9% sul venduto. Di Start Romagna, patrimonio di 1 miliardo e 54 milioni, non è possibile neanche parlare del suo bilancio 2021 perché, superato ogni limite di legge dopo sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, non era disponibile. Si sa, per la natura stessa dei propri servizi, che farà fatica a pareggiare i conti. Ogni valutazione riguarda dunque la gestione scadente dei bus e dei traghetti, che i cittadini utenti conoscono e i sindacati denunciano. 

GLI UTILI DI HERA ED AZIMUT

HERA produce invece notevoli utili (5,9% sui ricavi), avvalendosi dei buoni uffici degli azionisti pubblici che la controllano, tra cui 200 sindaci, i maggiori dei quali, compreso quello di Ravenna, ne compongono il Comitato di sindacato. Per i cittadini ravennati i problemi riguardano piuttosto la scarsa qualità dei servizi che ne ricevono e i costi troppo alti a loro carico. AZIMUT, gestendo esclusivamente servizi comunali e le relative proprietà senza problemi di concorrenza, ha ottenuto, rispetto ai ricavi, un utile dell’11%. Il 40% va però alle cooperative private che possiedono la stessa quota di proprietà dell’azienda condividendone la gestione col Comune. Si contestano soprattutto la manchevole manutenzione del verde pubblico e gli alti prezzi dei servizi cimiteriali imposti dal Comune agli utenti.