Gilberto Campoli, storico rinomato piccolo fornaio di via Maggiore 53 a Ravenna, chiusa l’attività nel 2016, a 64 anni, per andare in pensione, abita ora insieme alla moglie e alla figlia, con due ragazzini a carico, allo scopo di unire le modeste risorse economiche della famiglia per fronteggiare meglio, sotto un altro tetto, il carico delle spese.

Pochi giorni fa Gilberto aveva ricevuto due cartelle esattoriali da 527 euro in tutto (la metà della sua pensione mensile) relative alla TARI del 2015 e del 2016, che era certo di avere puntualmente pagato, come sempre, utilizzando i bollettini che gli arrivavano. Avendo io richiesto dei chiarimenti a Ravenna Entrate, mi è stata riferita la seguente risposta: “è stato un accertamento in rettifica in quanto il Contribuente dichiarava una superficie inferiore rispetto a quella reale. Per questo motivo abbiamo provveduto, come da legge, alla notifica, come in qualunque caso di dichiarazione infedele”. Gilberto aveva infatti dichiarato in buona fede 90 metri quadrati di superficie anziché 113.

La figlia ha espresso così il suo disappunto a Ravenna Entrate: “Il fornaio ha il dovere di fare il pane, portarlo ai cittadini, aver cura che il forno osservi le norme igieniche, rispettare tutte le regole per fare un prodotto sano e buono. Di doveri, ricordo benissimo, ne aveva molti, e per adempierli arrancava tutti i giorni e tutte le notti, senza conoscere né la parola ferie né la parola malattia. Non aveva le conoscenze per muoversi con destrezza coi dati burocratici. Ma il Comune di Ravenna ha tutti gli strumenti per venire incontro alle difficoltà dei suoi cittadini, aiutandoli a far fronte ai loro doveri senza compiere errori involontari, al punto da incorrere perfino nel reato tributario di dichiarazione infedele. In questo caso, perché non è stata l’amministrazione stessa a definire gli importi TARI di ciascun contribuente, da riportare nei bollettini di pagamento, attingendo facilmente in proprio ai dati catastali? È iniquo che il cittadino paghi oneri aggiuntivi vari per negligenza del Comune di Ravenna. Noi pagheremo l’ingiustizia subita, ma spero sia noto che il sistema va e può essere cambiato. Se cerchiamo una politica giusta, la dobbiamo realizzare nel piccolo. Le cartelle di mio padre spero possano essere l’esempio di piccole cose che fanno una società giusta”.

Sta di fatto che Gilberto, avendo deciso di pagare le cartelle esattoriali entro 60 giorni dalla notifica, godendo in tal modo di sanzioni ridotte ad un terzo, dovrà aggiungere agli importi della TARI involontariamente “inevasi” 88,38 euro tra sanzioni, interessi e spese di notifica, penale che in caso contrario salirebbe a 234,48.

IL COMUNE NON DEVE CHIEDERE  I DATI IN SUO POSSESSO

 Sia Hera che Ravenna Entrate hanno applicato il regolamento comunale della TARI. Il quale, mentre da un lato afferma che “le utenze domestiche residenti non sono tenute a dichiarare il numero dei componenti la famiglia anagrafica e la relativa variazione”, acquisito dunque d’ufficio, dall’altro richiede ad ogni utente di dichiarare “i dati catastali dei locali e delle aree”, nonché “la superficie e la destinazione d’uso dei locali e delle aree”. Perché allora non acquisire d’ufficio anche questi dati?

Il problema grave è che non si tratta solo di negligenza o di insensibilità, ma di negare il principio cardine dell’ordinamento stabilito dall’art. 43 del decreto 445 del 2000, secondo cui “le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi sono tenuti ad acquisire d’ufficio…tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni”. Tanto che, stando in campo tributario, l’Agenzia delle Entrate dello Stato ha stabilito, già con la Risoluzione n. 11/E del 13 febbraio 2013, che “i dati catastali relativi agli immobili oggetto della dichiarazione di successione debbano essere acquisiti d’ufficio” e che “i contribuenti non siano più tenuti ad allegare alla dichiarazione di successione gli estratti catastali”. Potranno pur fare altrettanto, per molto meno, Ravenna Entrate ed Hera, solamente che lo decida il Comune.

Proporrò la soluzione di questo “piccolo” problema, chiedendo al sindaco di attivarsi da subito a tale scopo, tuttavia prospettandogli fin d’ora la necessità di una più ampia riforma generale di tutti i regolamenti e le disposizioni varie dell’amministrazione comunale, affinché, come detto sopra, non siano più richiesti ai cittadini, per ogni loro richiesta o incombenza nei confronti del Comune di Ravenna o dei gestori dei suoi servizi, “tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni”, acquisendoli invece d’ufficio.