MONTAGNE NERE SU AREE GREEN

  • Risale al 12 maggio scorso la segnalazione di Roberta Resch, nostra esponente: “Già da un po’ di tempo in via Baiona, nella periferia di città lato cimitero, di fronte al Piccolo Hotel, tra il distributore Ego e via Fosso Fagiolo, hanno eliminato un esteso campo di grano e stanno facendo dei lavori di sbancamento e riporti di terra (vedi le foto prima e adesso), con camion che vanno e vengono in continuazione, polvere e anche qualche rischio a livello di circolazione veicolare. Non c’è nemmeno il cartello di cantiere, obbligatorio per ogni attività edilizia, almeno per sapere di quali lavori si tratti”. Cominciammo a chiedere notizie informalmente. Stranamente, il cartello è apparso dopo pochi giorni, intestato all’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico centro-settentrionale, con queste indicazioni generali: “Hub portuale. Approfondimenti dei canali Candiano e Baiona, adeguamento banchine operative esistenti, nuovo terminal in penisola Trattaroli e riutilizzo del materiale estratto in attuazione del Piano Regolatore Portuale vigente 2007”. Bisognava capirne il senso. Non è stato facile, ma alla fine il mistero mi è stato svelato, grazie al comandante della Polizia locale e al capo-area della Pianificazione territoriale: in quei campi di grano verranno rovesciate montagne di fanghi estratti dal porto di Ravenna, come ora già avviene a gran ritmo.
  • Nessuno avrebbe potuto immaginarlo, perché queste aree, di proprietà privata, facevano parte del Piano Strutturale Comunale tuttora vigente (PSC 2007), come POC S3, Piano Operativo Comunale “Logistica Romea Bassette”, non certo come aree logistiche portuali. Questa però è la realtà attuale, a cui la Giunta de Pascale, senza che ne sapessero niente il Consiglio comunale, la stampa e i cittadini, ha dato il via il 21 dicembre 2021. Dai circa 693.000 metri quadrati del POC S3, i 259.000 circa dei campi di grano esistenti tra lo scalo merci ferroviario e via Baiona sono stati stralciati, per essere destinati a “deposito definitivo” dei fanghi portuali. Inseriti nel Progetto Hub Portuale, sono stati espropriati dall’Autorità Portuale – si direbbe previa intesa finanziaria coi proprietari – entrando così nel Demanio pubblico dello Stato, ramo Marina Mercantile, come terreno “seminativo”.

LEGITTIMITA’ DA CHIARIRE

Qualcosa dovrà esserci chiarito sulla legittimità di questa operazione, resa possibile dall’art. III.1.7 del Regolamento Urbanistico Edilizio “sulla base del Progetto Definitivo ‘Hub Portuale’, approvato con Delibera CIPE n. 1/2018 ed esecutivo dal 12 settembre 2018”. Di tale progetto non fa certo parte, se non per una successiva II fase non finanziata, la costruzione nella penisola Trattaroli di “un nuovo terminal container, per la cui attivazione si raggiungeranno i 14,50 metri di fondale” (si legge nel progetto attuativo approvato dal Comune). Il CIPE ministeriale ha approvato solo la prima fase, da 225 milioni, per scavare i fondali fino a 12,50 metri, sui quali tutto il Consiglio comunale è stato d’accordo. A questo scopo, bastano e avanzano le aree logistiche portuali n. 1 (oltre 409.000 metri quadrati) e n.2 (oltre 243.000) poste tra destra canale Candiano e via Canale Molinetto. Si vorrebbe quindi porre il carro davanti ai buoi, calcolando di finanziare la seconda fase con un secondo progetto, non rientrante in quello del 2018, che riceva soldi, a debito dello Stato italiano, dai fondi europei del PNRR: il quale però impone che i lavori siano finiti entro il 2025, impresa impossibile, giacché a quella data sarà già molto difficile aver scavato fanghi fino a 12,50 metri.

OPERA “MOSTRO”

  • Basti pensare che, mentre il “Progetto Hub portuale di Ravenna” fu gloriosamente concepito dall’Autorità portuale nel lontano 2012, è dal 2006 che dai fondali del porto-canale, allora portati a -11,50 metri, non è stato scavato un metro cubo di fanghi. A tutt’oggi, per ordinanza della Capitaneria di Porto, entrano in porto, a causa dei mammelloni di sabbia dovuti alla disastrosa manutenzione, solo le navi con pescaggio massimo di 10,20, senza nemmeno più deroghe per le navi che pescano a 10,25 o 10,30 metri. Nel giugno 2021, gli operatori portuali, lamentando che “attualmente il porto si trova nelle stesse condizioni di cinque anni fa”, invocarono “innanzitutto che si creino le condizioni affinché la Capitaneria di porto possa ripristinare il pescaggio a -10,50 metri per fare entrare navi di maggiore portata”. Non è bastato un altro anno per risalire almeno di 30 centimetri.
  • Preoccupa perciò che l’Autorità Portuale stia spendendo barche di milioni per progettare e realizzare un’opera “mostro”: portare a -14,50 metri i fondali del canale e delle aree di evoluzione interne al porto di Ravenna e costruire un nuovo terminal container per farvi così entrare, con le “grandi navi” da 400 metri, 500 mila container (TEU) l’anno. L’Autorità Portuale stessa dichiarò il 9 dicembre 2012: “Le navi container da 400 metri qui, per la conformazione del nostro porto, non arriveranno. Abbiamo fatto delle simulazioni e al massimo possono arrivare quelle di 300-330 metri”. E il comandante del Porto, il 19 ottobre 2012: “Il dragaggio potrà aumentare il pescaggio, ma le imbarcazioni non potranno mai superare i limiti oggettivi di questo porto”: cioè di uno stretto canale, in cui le “grandi navi”, larghe 40 metri, non possono nemmeno passare dalla ben più stretta imboccatura, ma se entrassero non potrebbero certo uscirne in retromarcia. Non solo. Si sta infatti già scavando per realizzare un canale profondo 14,50 metri per oltre 17 chilometri (9 miglia) di mare aperto, perché le grandi navi arrivino alle attuali dighe foranee. Come scavare il mare con un secchiello. Circa poi il mezzo milione di container preannunciato, basti ricordare che, quando la SAPIR partorì la mitica società pubblica privata TCR (Terminal Container Ravenna), l’obiettivo era di raggiungere i 300 mila TEU, mentre ad oltre 15 anni di distanza si ondeggia tuttora sui 200 mila, più o meno.

Dopo tutti questi salassi e rincari conseguenti alla pandemia e alla guerra in Ucraina, con un PIL nazionale prospettato in decrescita verticale, si sprecano enormi risorse, umane, tecniche e finanziarie, per un’avventura che non darà alcun beneficio al nostro porto, se non, come giro di milioni e milioni, ai soliti noti. Per non dire dei malefìci ambientali, di cui sono la drammatica prima batosta le montagne dei fanghi portuali da riversare definitivamente sui 259.000 metri quadrati dei campi agricoli su via Baiona.