Qualche settimana fa è arrivata a Lista per Ravenna, debitamente sottoscritta, la segnalazione seguente: “In via Girolamo Rossi 63, nell’immobile a tre piani di proprietà dell’ASP, si è venuta a creare, in pieno centro storico, a pochi passi dalla Torre civica, una realtà di grave degrado. Utilizzato soprattutto dal Comune per collocarvi persone a diverso titolo bisognose e riempito nel tempo con persone di svariata nazionalità, vi accadono frequenti accese discussioni, urla e schiamazzi, specie provenienti dal cortile interno, dove è stato allestito un tinello all’aperto che diventa anche luogo di prolungati ritrovi. Alle numerose persone ospitate viene permesso di comportarsi senza alcuna regola e rispetto altrui, in appartamenti di cui non è chiaro chi e quanti li abitino, visto il continuo via vai. Si è assistito ad un prolungato controllo svolto da ben tre volanti della polizia nel corso di un pomeriggio e ad un altro eseguito dai carabinieri nelle prime ore del mattino. L’immobile è stato progressivamente riempito di ‘inquilini’ che hanno creato una polveriera destinata a esplodere”. Di recente, ci sono stati inoltre segnalati, da un vicino di casa, “ due nuovi episodi allarmanti, tanto più che spesso viene lasciato aperto il portone d’ingresso per consentire l’accesso a persone sprovviste di chiavi, e quindi non ufficialmente presenti o comunque di passaggio. Essendo a rischio anche numerosi cortili confinanti, trovando aperta una porta, si è introdotto in un immobile un individuo per rubare”.

INTRECCIO ASP-COMUNE-AUSL

L’ASP (Azienda Servizi alla Persona) di Ravenna-Cervia-Russi, composta da questi Comuni, ma pressoché sconosciuta ai cittadini ravennati, è uno dei tanti enti pubblici inutili che la Regione Emilia-Romagna fa sopravvivere. Le sue competenze coincidono infatti totalmente con quelle dei servizi sociali dei Comuni stessi. Basti dire che questa ASP gestisce per Ravenna solo due comunità alloggio per anziani (basterebbe un commercialista ad ore), istituite in immobili donati in anni recenti al Comune da due benemerite concittadine decedute. Mantiene però in proprietà la ventennale eredità benefica dell’immobile a tre piani di via G. Rossi 63. Dei 7 appartamenti e relative cantine di cui si compone, quattro li ha affittati al Comune stesso, che li ha ripristinati al costo di 15 milioni destinandoli ad uso abitativo per “le forme più acute di fragilità”, mentre gli altri, affittati all’AUSL Romagna, accolgono “pazienti in carico presso il Centro di Salute Mentale”.

16 STRANIERI DI QUATTRO CONTINENTI

In totale gli appartamenti misurano 504 metri quadrati, da un minimo di 50 ad un massimo di 102. Vi risiedono ufficialmente 20 residenti, numero compatibile con questa disponibilità di spazi, se con giusta distribuzione. Riteniamo però che la Polizia locale debba verificarla, in quanto, incrociando i documenti ricevuti (determinazioni di affitto e residenze anagrafiche), tra loro discordanti, potrebbero esservi degli assembramenti eccessivi. Ma soprattutto, dati i fatti di disordine pubblico segnalati e constatati, dovrebbe verificare, con controlli a sorpresa, che non vi siano residenti o domiciliati abusivi.

Ma gravi sono soprattutto le responsabilità politiche, consistenti nell’aver costituito in questo immobile una specie di ghetto sociale, inteso come un raggruppamento monolitico di persone/famiglie in condizione di acuta fragilità socio-economica e/o sanitaria, ma anche di difficile conciliazione culturale. Lo dimostra il fatto che, sotto uno stesso tetto e con lo stesso cortile, 4 persone di nazionalità italiana, di cui 1 di seconda generazione, coabitano con 16 straniere, tra cui 6 di uno Stato dell’Africa centrale, 1 dell’Africa occidentale, 1 del Magreb, 1 del Sudamerica e 6 di uno Stato islamico dell’Asia meridionale. Fossero almeno accompagnate e assistite nel loro arduo percorso di superamento delle fragilità e/o di “inserimento sociale”, anziché solo a tavolino.

PROPOSTE

Le collocazioni abitative di accentuate complessità e problematicità, personali e sociali, non devono essere concentrate in singoli edifici pubblici, bensì frazionate in quote minime all’interno di una loro pluralità, così da agevolarne, anziché contrastarne o pregiudicarne, la normalità e il benessere delle relazioni coi condomini, coi vicini e col circondario. Lista per Ravenna combatte da sempre in Consiglio comunale su questa posizione. I 2.266 appartamenti, di cui si giova l’edilizia popolare nel nostro Comune, lo consentono ampiamente, potendo anche essere assegnati a casi eccezionali di marcata emergenza. L’immobile di via G. Rossi 63, per non essere “una polveriera destinata a esplodere”, dovrebbe essere riorganizzato in questo modo. Per farlo, basta la volontà politica. Nel frattempo, occorre ristabilire con urgenza e severità l’ordine pubblico e il rispetto delle regole. La presenza e la vigilanza dei servizi responsabili deve essere costante e assidua, anche a fini di prevenzione e di assistenza, ma chi continua ad infrangere leggi e regolamenti deve essere punito ed allontanato. La Polizia locale vigili per quanto di competenza.

Su quanto sopra esposto e proposto, chiedo al sindaco quali siano le sue intenzioni.