Martedì 15 maggio scorso, feci un appello alla solidarietà della cittadinanza a favore di una famiglia italiana, ravennate da 20 anni, con reddito ISEE di 8 mila euro scarsi e problemi anche di lavoro, composta da marito e moglie e da quattro minori. Il giorno prima, chiamato da loro per sostenerli, avevo assistito e partecipato, nella campagna di San Pietro in Vincoli, alla redazione e alla consegna, presente la forza pubblica, dell’atto giudiziale con cui avevano subìto lo sfratto esecutivo dalla propria abitazione. L’unica proprietà entro cui avrebbero potuto ripararsi era costituita da un furgone di sei posti e da un’auto, non circolante, ultradecennali.

L’appartamento abitato, di piccola-media dimensione, fu acquistato con un mutuo all’epoca in cui il padre era contitolare di un’apprezzata ditta di impiantistica. La rata mensile era stata onorata per alcuni anni, finché, causa la crisi dell’edilizia, non fu più possibile farvi fronte. Di qui la spirale che aveva portato la famiglia a perdere la proprietà dell’alloggio ed infine ad esserne sfrattata.

Il mio appello aveva avuto una vasta risonanza sui mass media e nel web. La risposta della cittadinanza era stata toccante. In particolare, erano state otto le offerte di un alloggio e/o di aiuti economici e materiali, che tuttavia, in un’altalena di opportunità e di docce gelate, non avevano prodotto, anche per ostacoli intervenuti o frapposti, la disponibilità immediata e sufficientemente durevole di un alloggio atto a non dividere, in quello stato di sofferenza, la famiglia. Lunedì 21 sarebbe scaduto il termine finale per liberare di ogni mobile e suppellettile la casa, da cui la famiglia era fuori già da una settimana.

La provvidenza si materializzò il mattino di domenica 20 nella veste di una famiglia ravennate che, volendo rimanere anonima, offrì ospitalità gratuita temporanea agli sfrattati nel proprio appartamento estivo situato nel comune di Ravenna, rinunciando ad utilizzarlo essa stessa per la stagione imminente. Dalla notte stessa di lunedì, la famiglia prese ad abitarlo. Lì è rimasta, stringendosi un po’, in attesa che, grazie alla posizione che occupavano nella graduatoria ACER delle case popolari, il loro caso si risolvesse. Questo è infine avvenuto, con l’assegnazione di un appartamento idoneo, per ampiezza e ambienti, ad ospitarli tutti dignitosamente.

Spenti i riflettori, raggiunta l’auspicata serenità, è bene che la vicenda si chiuda con un ringraziamento sincero, da parte loro e mia, alla famiglia benefattrice, innanzitutto, e a quanti altri, persone comuni e operatori pubblici, hanno espresso loro comprensione e partecipazione.