Nell’estate 2020, il Comune annunciò in grande stile il ritorno nella nostra città del bike sharing (“biciclette condivise”), 285 biciclette pubbliche rosse della rete Velospot, messe a disposizione dei cittadini e dei turisti con una piccola spesa di noleggio: 240 a pedalata muscolare, collocate in apposite rastrelliere dislocate a Ravenna presso 14 appositi parcheggi, e 45 elettriche a pedalata assistita, disponibili e ricollocabili solo nelle cinque stazioni allestite dal Comune nel piazzale Aldo Moro di Ravenna, a Marina di Ravenna, a Porto Corsini, a Ponte Nuovo e a Classe, dove parcheggiano anche quelle “muscolari”. Come il servizio sia funzionato e funzioni tuttora è però tutto da scoprire, poiché da più parti ci è segnalato che non si vedono quasi più biciclette rosse nelle stazioni e nelle rastrelliere dovute e qualcuna giace abbandonata fuori posto. Il 4 gennaio abbiamo chiesto al servizio Mobilità del Comune di Ravenna informazioni e spiegazioni sullo stato attuale del servizio e copia degli atti compiuti riguardo alle evidenti clamorose trasgressioni delle norme che ne regolano l’appalto, decorrente, al costo di 202.262,20 euro, dal 22 giugno 2020 al 21 giugno 2022. Nell’attesa, domenica scorsa abbiamo compiuto un sopralluogo alle singole stazioni, esclusa solo quella di Porto Corsini, constatando e fotografando che in quelle di Ravenna piazzale Aldo Moro e in quella di Ponte Nuovo era parcheggiata solo una bici rossa e in quelle di Marina di Ravenna e di Classe nessuna. In tutta Marina di Ravenna abbiamo riscontrato due altre bici rosse abbandonate in posti diversi.

“C’entro in bici” fallimentare – A Ravenna i precedenti delle bici comunali negli ultimi vent’anni sono però scoraggianti. La storia cominciò infatti a Ravenna il 1° gennaio 2003, col celebrato servizio “C’entro in bici”, che offrì l’uso gratuito di 40 biciclette gialle ai turisti e di 140 rosse ai residenti. Dislocate su 35 rastrelliere in vari punti della città, funzionavano con chiavi distribuite nei negozi e negli uffici turistici. Lista per Ravenna ne denunciò a più riprese, anche col supporto di indagini compiute sul campo, le clamorose inefficienze e l’enorme dispendio di soldi. Dal 2003 al 2009, il piano operativo del servizio fu riformulato tre volte, con ininterrotti massicci acquisti di bici nuove in luogo di quelle che, anche a causa delle manutenzioni e dei controlli mancanti, erano state via via rubate o malridotte. Conteggiammo il costo dei primi dieci anni di gestione pubblica del servizio, peraltro con dati parziali, in 240 mila euro. Le 100 biciclette nuove comprate nel 2009 furono pagate 400 euro ciascuna. La conduzione del servizio, nonché il controllo e la manutenzione/riparazione delle biciclette erano affidati ad un consorzio cooperativo sociale, al quale, dopo la successiva scadenza del 2014, il servizio fu nuovamente affidato per tutto il 2015 al costo di 31 mila euro. Dopodiché “C’entro in bici” è sparito dal radar insieme alle biciclette comunali sopravvissute alle ruberie e alle devastazioni, finite chissà come. 

IL BIKE SHARING ASIATICO – Il servizio si riaffacciò nel 2018 sotto il nome di bike sharing, con l’offerta a noleggio di biciclette gialle e grigie da parte della start-up Obike di Singapore, che s’insediò sperimentalmente a Ravenna e a Cervia con centinaia di velocipedi. Non costò nulla ai Comuni, ma è durato una sola stagione. Si pensò che il bike sharing non fosse sostenibile senza l’appoggio economico delle amministrazioni comunali. Quello che di lì a poco è avvenuto a Ravenna con le 285 biciclette rosse Velospot, di cui si prospetta però un altro esito infausto.