Domani partirà una mia denuncia “sul divieto illegittimo di accesso alle spiagge dell’Emilia-Romagna”, a cui sono pervenuto alla luce dei fatti e delle considerazioni seguenti.

LA PRIMA FASE DEL BLOCCO – Secondo l’ art. 16 della Costituzione, le limitazioni alla libertà di circolazione possono essere stabilite solo con legge. Orbene, da quando è stata dichiarata l’emergenza Covid-19, la chiusura delle spiagge non è mai stata scritta da nessuna legge, e neppure nei 2 decreti legge e negli 11 decreti del presidente del Consiglio dei ministri (i famosi dpcm), che dal 23 febbraio al 26 aprile hanno disciplinato in Italia le misure anti-virus. Nondimeno, il sindaco di Ravenna chiuse le nostre spiagge con l’ordinanza del 13 marzo, sull’ondata delle masse di gente che nel precedente week end le aveva affollate, ignorando le norme precauzionali dettate dal governo. Il decreto legge n. 19 del 25 marzo fece decadere l’ordinanza con effetto 5 aprile, oltre a vietare che i sindaci facessero altre ordinanze proprie in materia anti-virus. I cartelli di divieto di accesso alle spiagge ravennate non furono mai tolti, poco seriamente perché diventati abusivi. Fu allora che il 15 e il 17 aprile segnalai il fatto rispettivamente al sindaco e al comandante della polizia locale, da cui aspetto ancora risposta, osservando, non smentito, che, secondo il dpcm del 10 aprile, era invece diventato chiaramente lecito alle persone che abitano in prossimità di una spiaggia accedervi individualmente a piedi, purché svolgendo attività motoria, rispettando la distanza di almeno un metro da ogni altra persona ed evitando qualsiasi assembramento. Non mancai di far presente all’Amministrazione che nessun divieto avrebbe mai potuto impedire a nessuno di camminare sulla battigia, striscia da cinque metri tra la riva e la spiaggia protetta da ogni altro uso.

ALLENTAMENTO DEL BLOCCO – Finita la fase del blocchiamo tutto (lockdown), il dpcm del 26 aprile, comprendendo anche i chiarimenti ufficiali del governo, ha consentito alle persone non contagiate né quarantenate di muoversi liberamente dentro la propria regione, riaprendo per l’occasione parchi, ville e giardini pubblici precedentemente chiusi, per svolgere ovunque attività sportiva o motoria, riconosciuta come “necessità”. Le regole da rispettare sono di farlo individualmente (o accompagnando minori o persone non completamente autosufficienti o conviventi), evitare assembramenti e tenere da chiunque la distanza di due metri per l’attività sportiva e di un metro per quella motoria. Ci si può anche spostare con mezzi pubblici o privati per raggiungere il luogo dove si vuole svolgere tali attività.

L’INAUDITA ORDINANZA REGIONALE – Del resto è ormai certo che nell’aria marina salsoiodica, a differenza che nei luoghi chiusi accessibili al pubblico, virus infettivi non se ne prendono basta che si rispettino e si facciano rispettare le regole del dpcm 26 aprile. Ma ecco che, come nei peggiori regimi, sfidando anche il buon senso, la risposta del Comune mi è arrivata dentro l’ordinanza del presidente della Regione datata 30 aprile, dove si legge che: “Sono interdetti al pubblico le spiagge e gli arenili, in concessione o liberi, ivi compresi la battigia”. Roba da Repubblica popolare delle Banane, che mi ha imposto di farne denuncia alle autorità della Repubblica democratica italiana.

LE LEGGI VIOLATE Oltre a rifarmi in generale all’art. 16 della Costituzione, ma anche al Codice civile, secondo cui tutte le spiagge italiane sono un bene pubblico demaniale destinato a servizio della collettività, ho richiamato, nello specifico, il decreto legge anti-virus del 25 marzo 2020 che vieta alle Regioni di emettere ordinanze se non per “introdurre misure ulteriormente restrittive”, rispetto ai decreti governativi, “in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esse”. Ebbene, gli 11 dpcm non hanno mai parlato di spiagge, mentre, al momento dell’ordinanza regionale, il rischio sanitario non solo non si era aggravato in tutta l’Emilia-Romagna, ma sulla fascia costiera aveva registrato dati in notevole e inarrestabile miglioramento, i più positivi nella provincia di Ravenna. Ordinanza nulla, dunque. L’insulto più grave allo Stato di diritto, non più solo nazionale, bensì internazionale dell’Unione Europea è stato però la “chiusura” della battigia, per la quale sia la legge n.296 del 2006, che, ancor meglio, la legge n. 217 del 2011: “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità europea – Legge comunitaria 2010”, affermano essere assoluto il diritto libero e gratuito di accesso e di fruizione della battigia, anche ai fini di balneazione. Giù le mani dello strapotere dalla battigia, dunque, non solo delle spiagge libere, ma anche di quelle in concessione.

LA DENUNCIA – La mia denuncia è destinata al presidente della Giunta regionale, come diffida ad annullare l’ordinanza 30 aprile 2020 nel punto contestato, al presidente del Consiglio dei ministri perché ricorra alla Corte Costituzionale contro l’ordinanza stessa, al Procuratore della Repubblica di Ravenna, al fine che verifichi l’eventuale esistenza di ipotesi di reato, e alla Commissione dell’Unione Europea, onde consideri l’ipotesi di una violazione del diritto comunitario da parte dello Stato italiano.