Una pagina del Corriere di Romagna, edizione di Ravenna, titolando: “Fratellini “ribelli” tolti ai genitori. Esposto contro gli assistenti sociali. Aperto un fascicolo in Procura dopo la denuncia di una coppia allontanata da tre bambini”, pubblica oggi un servizio che comincia così: “Etnia maltrattante per cultura”; bambini che “andrebbero resettati”. Frasi choc attribuite a un assistente sociale, che sullo sfondo del clamore della vicenda Bibbiano sono finite al centro di un esposto presentato in Procura”. Vi si legge che i Servizi sociali “hanno deciso tramite il tribunale dei Minorenni di togliere alla famiglia quei bambini – di origini africane – affidandoli a strutture diverse. È sulla gestione da parte degli assistenti sociali e soprattutto sulla presunta mancanza di valutazioni specialistiche a supporto dei provvedimenti di limitazione della potestà genitoriale, che la famiglia ha intrapreso le vie legali.

Sulla base di quella denuncia contro assistenti sociali, dirigenti e Comune di Ravenna (a cui fa capo il servizio), il sostituto procuratore Angela Scorza ha aperto un fascicolo che al momento non vede nessun indagato, ma che ha attivato accertamenti sulle condotte di chi opera nell’ intero sistema. Quel che per il momento è certo, è l’ esito dell’ ultima udienza di fronte al tribunale dei Minorenni, che su ricorso del nucleo familiare ha nominato uno psichiatra come consulente, di fatto esautorando gli assistenti sociali dal regolare i rapporti tra figli e genitori. Allo specialista è stato affidato il compito di effettuare una perizia sui minori, per accertare l’ esistenza o meno di qualche forma di disagio e di determinarne la causa. Un esame mai richiesto dal 2017 a oggi, dopo due anni di mediazione degli operatori. Il perito avrà anche il compito di gestire i rapporti tra i bambini e i genitori, in passato addirittura negati…. è soprattutto sulla lamentata assenza di «un progetto per recuperare la genitorialità, come invece previsto dal decreto emesso dal tribunale», che insiste la denuncia. Da questi punti sono partiti gli approfondimenti disposti dall’ autorità giudiziaria per fare chiarezza a tutto tondo sul caso, e appurare se a una mamma e a un papà è stato tolto senza validi motivi il diritto di crescere i propri figli.

La giustizia penale accerterà se sussistano responsabilità di singoli soggetti, che mai possono estendersi ad altre persone né, tanto meno, ad un servizio o attività. Da quest’indagine si ricava però la conferma che, a prescindere anche da Bibbiano, è urgente compiere approfondimenti, di carattere amministrativo e organizzativo, su quella che io chiamo “affidabilità degli affidi”. Regolati per competenza costituzionale dalla Regione Emilia-Romagna, occorre infatti sottoporli a maggiori garanzie sia per i minori che per le loro famiglie naturali ed eventualmente per quelle affidatarie. Il punto per me fondamentale è che non possono essere solo degli operatori sociali (quando non solo uno), i più validi e in buonafede che siano, ad esercitare, tramite esclusività di relazione e di eventuale proposta al Giudice minorile, diritto di vita e di morte sui nuclei familiari con minori, problematici quanto si vuole gli uni e gli altri. Altro punto cruciale è che servono anche dei controlli veri. Tant’è che il 13 ottobre, nel Corriere della Sera, edizione di Bologna, è apparso un articolo con il titolo: “«Assistenti sociali lasciati soli» La Regione ripensa gli affidi. Dopo l’allarme di Spadaro (presidente del Tribunale dei minorenni, nda), dirigenti e garante dei minori: «Ora si lavori in équipe»”. Vi si è letto, detto dal dirigente dei servizi sociali della Regione: “L’assistente sociale non può e non deve essere solo nella decisione, soprattutto nei casi più gravi. Sarebbe quindi utile diffondere in ogni provincia una équipe di secondo livello…”.

Questo è il senso con cui il 22 agosto scorso, tramite uno strumento regolato dallo statuto comunale, associando Lista per Ravenna, Lega Nord e Forza Italia, ho avanzato la richiesta che il Comune di Ravenna costituisca una propria commissione d’indagine “per conoscere ed analizzare la natura e l’organizzazione della rete dei servizi per i minori che opera in questo Comune e sulle attività che vi svolgono gli educatori, gli assistenti sociali e altri operatori addetti”. Scopo dichiarato: proporre i correttivi e i rimedi necessari. Non si tratta dunque di un’inchiesta giudiziaria né di incolpare nessuno, bensì di fare trasparenza su un servizio pubblico delicatissimo.

Del resto, il consiglio comunale di Forlì aveva già costituito a fine luglio, con l’unanimità dei consiglieri votanti e con le stesse identiche motivazioni, tale tipo di commissione, dal 23 settembre funzionante in pieno.

A Ravenna servono 8 firme di consiglieri su 32 (20 di maggioranza, 12 di opposizione) perché la proposta possa essere discussa. Ci abbiamo messo 32 giorni a raccoglierne il minimo, essendosi aggiunta la consigliere di Cambierà, nel frattempo ricevendo accuse feroci (che potranno essere documentate) di strumentalizzazione e di peggio da parte di taluni della maggioranza e dell’opposizione, a cui non abbiamo reagito per senso di responsabilità. Ad oggi sono trascorsi altri 34 giorni perché la pratica passasse obbligatoriamente nella giunta comunale e nella conferenza dei capogruppo. Dovrà essere discussa, non si sa quando, in due commissioni consiliari congiunte, ma infine dovrà pur arrivare in Consiglio comunale. Lì servono 17 voti per poter costituire la commissione d’indagine.