13/03/2018 – Il prof. Claudio Spadoni mise piede nel museo comunale di Ravenna nel 1999, inizialmente come curatore delle mostre, nel 2002 come direttore del MAR. Immediatamente prima del suo arrivo, Angela Vettese, critica d’arte tra le più autorevoli, aveva scritto sul Giornale dell’Arte, la grande rivista scientifica mensile, bibbia del settore, che questo museo era il peggiore del’Italia, dove se ne contano oltre 4.500. Spadoni, dopo aver riqualificato e potenziato l’organizzazione, l’assetto e le dotazioni del museo, realizzò “grandi mostre” annuali di alto livello artistico che, grazie all’acume e originalità delle proposte e all’esposizione di opere celebri, prestate dai maggiori musei europei, ne accrebbero via via il credito e il prestigio. Finché nel marzo 2010 il Giornale dell’Arte stesso, a seguito di ispezioni segrete ai migliori 50 musei d‘Italia, classificò il MAR al 6° posto, davanti al Guggenheim di Venezia, ai Musei Capitolini di Roma e al Brera di Milano, per esempio. Nel settembre 2013, la prestigiosa rivista di arte contemporanea Espoarte, avendo interpellato 500 addetti ai lavori e personalità della cultura, inserì il MAR tra i primi sette Musei dell’anno. Spadoni fu accantonato nella prima parte del 2016. Oggi quel MAR è morto. Di seguito la certificazione. L’INSUCCESSO DI PUBBLICO Nel 2017 – primo anno di totale gestione De Pascale/Signorino – la “grande mostra intitolata “Montezuma, Fontana, Mirko. La scultura in mosaico dalle origini ad oggi”, avrebbe “avuto – secondo il direttore ad interim del MAR, dr Maurizio Tarantino – un apprezzamento generale di critica e di pubblico”. Le presenze di pubblico accertate sono state 15.117, di cui (come ho dimostrato) svariate migliaia dovute a biglietti regalati ed altre a prezzi fortemente scontati. Gli incassi sono stati appena di 83.731,84 euro (di cui 24.587 dalla vendita di bookshop). È anche significativo che, essendo il MAR parte del circuito dei musei romagnoli, ai quali si accede gratuitamente acquistando in uno di questi la “Romagna Visit Card” da 17 euro, nel 2017 solo 210 persone sono entrate al MAR con tale carta e solo 15 l’hanno comprata qui. Il confronto col 2015 – ultimo esercizio di totale gestione Spadoni – anno della “grande mostra” su “Il Bel Paese, è schiacciante: gli incassi sono stati di 285.124 euro, i visitatori 43.406: senza svendite e con affluenze di gran lunga non domestiche. L’INSUCCESSO DI CRITICA Sulla suddetta mostra del 2017, l’apprezzamento generale di critica” si è manifestato con un articolo mediocre del Corriere della Sera, che sembra essere stato scritto da lontano. Altri “apprezzamenti di critica” zero. Il “Giornale dell’Arte, elencando ogni mese le mostre da vedere”nel mondo e in Italia, a novembre ha consigliato circa 300 mostre di 42 città italiane (tra cui Faenza e Forlì) e a dicembre 280 di 34 città (tra cui Forlì), senza nominare quella del MAR. A dicembre, la rivista ha intervistato 84 critici e direttori di musei perché indicassero “IL MEGLIO E IL PEGGIO” delle mostre d’Italia nel 2017. Ognuno poteva citarne un certo numero. Nessuno ha nominato quella del MAR. Viceversa, i migliori critici d’arte delle testate più prestigiose hanno fatto sempre a gara per visitare le “grandi mostre” di Spadoni e tesserne critiche positive, o addirittura entusiastiche. Tra questi, Agosti, Arbasino, Caramel, Di Capua, Dorfles, Licht, Masoero, Parmeggiani, Pontiggia, Rosci, Sanguineti, Sgarbi, Vallora. L’IRRICONOSCIBILE QUALITÀ Il dr Tarantino ha esaltato anche la qualità riconosciuta a questa grande mostra. Quanto sopra smentisce tale riconoscimento. Che non c’è stato solamente perché il mosaico artistico moderno stenta, nella percezione generale, a staccarsi dal confine con l’artigianato. Quanto perché, consapevoli di questa difficoltà, si sarebbe dovuto affrontarla con professionalità e rigore massimi. Al contrario: il titolo originale della mostra: “Il mosaico è là” è stato cambiato in “Montezuma, Fontana, Mirko” dopo essere stato stampato, diffuso e da tutti letto nei programmi di sala di Ravenna Festival 2017; nel sottotitolo di copertina del catalogo della mostra, “La scultura in mosaico” è diventata “La scultuara in mosaico”, strafalcione mai corretto; i comunicati stampa del MAR hanno proclamato la presenza nella mostra di 140 capolavori assoluti, senza che ce ne fosse uno: non erano tali neppure le opere di Fontana e Mirko (due dei nomi specchietto, associati a Montezuma con improbabile coerenza); ed anche le altre 137 non erano più che buone; una mostra qualificata come “La scultura in mosaico” non avrebbe dovuto esporre opere a parete, bensì che si potessero osservare da ogni lato: e ce n’erano pochissime di “sculture”; ma, soprattutto, la mostra non era inedita, bensì la ripetizione della rassegna “Scultura e mosaico” realizzata nel 2014 a Montevarchi dallo stesso curatore, a cui sono state aggiunte molte opere di mosaicisti ravennati sia pur bravi: lo testimonia il catalogo di Montevarchi.13/03/2018 – Il prof. Claudio Spadoni mise piede nel museo comunale di Ravenna nel 1999, inizialmente come curatore delle mostre, nel 2002 come direttore del MAR. Immediatamente prima del suo arrivo, Angela Vettese, critica d’arte tra le più autorevoli, aveva scritto sul Giornale dell’Arte, la grande rivista scientifica mensile, bibbia del settore, che questo museo era il peggiore del’Italia, dove se ne contano oltre 4.500. Spadoni, dopo aver riqualificato e potenziato l’organizzazione, l’assetto e le dotazioni del museo, realizzò “grandi mostre” annuali di alto livello artistico che, grazie all’acume e originalità delle proposte e all’esposizione di opere celebri, prestate dai maggiori musei europei, ne accrebbero via via il credito e il prestigio. Finché nel marzo 2010 il Giornale dell’Arte stesso, a seguito di ispezioni segrete ai migliori 50 musei d‘Italia, classificò il MAR al 6° posto, davanti al Guggenheim di Venezia, ai Musei Capitolini di Roma e al Brera di Milano, per esempio. Nel settembre 2013, la prestigiosa rivista di arte contemporanea Espoarte, avendo interpellato 500 addetti ai lavori e personalità della cultura, inserì il MAR tra i primi sette Musei dell’anno. Spadoni fu accantonato nella prima parte del 2016. Oggi quel MAR è morto. Di seguito la certificazione. L’INSUCCESSO DI PUBBLICO Nel 2017 – primo anno di totale gestione De Pascale/Signorino – la “grande mostra intitolata “Montezuma, Fontana, Mirko. La scultura in mosaico dalle origini ad oggi”, avrebbe “avuto – secondo il direttore ad interim del MAR, dr Maurizio Tarantino – un apprezzamento generale di critica e di pubblico”. Le presenze di pubblico accertate sono state 15.117, di cui (come ho dimostrato) svariate migliaia dovute a biglietti regalati ed altre a prezzi fortemente scontati. Gli incassi sono stati appena di 83.731,84 euro (di cui 24.587 dalla vendita di bookshop). È anche significativo che, essendo il MAR parte del circuito dei musei romagnoli, ai quali si accede gratuitamente acquistando in uno di questi la “Romagna Visit Card” da 17 euro, nel 2017 solo 210 persone sono entrate al MAR con tale carta e solo 15 l’hanno comprata qui. Il confronto col 2015 – ultimo esercizio di totale gestione Spadoni – anno della “grande mostra” su “Il Bel Paese, è schiacciante: gli incassi sono stati di 285.124 euro, i visitatori 43.406: senza svendite e con affluenze di gran lunga non domestiche. L’INSUCCESSO DI CRITICA Sulla suddetta mostra del 2017, l’apprezzamento generale di critica” si è manifestato con un articolo mediocre del Corriere della Sera, che sembra essere stato scritto da lontano. Altri “apprezzamenti di critica” zero. Il “Giornale dell’Arte, elencando ogni mese le mostre da vedere”nel mondo e in Italia, a novembre ha consigliato circa 300 mostre di 42 città italiane (tra cui Faenza e Forlì) e a dicembre 280 di 34 città (tra cui Forlì), senza nominare quella del MAR. A dicembre, la rivista ha intervistato 84 critici e direttori di musei perché indicassero “IL MEGLIO E IL PEGGIO” delle mostre d’Italia nel 2017. Ognuno poteva citarne un certo numero. Nessuno ha nominato quella del MAR. Viceversa, i migliori critici d’arte delle testate più prestigiose hanno fatto sempre a gara per visitare le “grandi mostre” di Spadoni e tesserne critiche positive, o addirittura entusiastiche. Tra questi, Agosti, Arbasino, Caramel, Di Capua, Dorfles, Licht, Masoero, Parmeggiani, Pontiggia, Rosci, Sanguineti, Sgarbi, Vallora. L’IRRICONOSCIBILE QUALITÀ Il dr Tarantino ha esaltato anche la qualità riconosciuta a questa grande mostra. Quanto sopra smentisce tale riconoscimento. Che non c’è stato solamente perché il mosaico artistico moderno stenta, nella percezione generale, a staccarsi dal confine con l’artigianato. Quanto perché, consapevoli di questa difficoltà, si sarebbe dovuto affrontarla con professionalità e rigore massimi. Al contrario: il titolo originale della mostra: “Il mosaico è là” è stato cambiato in “Montezuma, Fontana, Mirko” dopo essere stato stampato, diffuso e da tutti letto nei programmi di sala di Ravenna Festival 2017; nel sottotitolo di copertina del catalogo della mostra, “La scultura in mosaico” è diventata “La scultuara in mosaico”, strafalcione mai corretto; i comunicati stampa del MAR hanno proclamato la presenza nella mostra di 140 capolavori assoluti, senza che ce ne fosse uno: non erano tali neppure le opere di Fontana e Mirko (due dei nomi specchietto, associati a Montezuma con improbabile coerenza); ed anche le altre 137 non erano più che buone; una mostra qualificata come “La scultura in mosaico” non avrebbe dovuto esporre opere a parete, bensì che si potessero osservare da ogni lato: e ce n’erano pochissime di “sculture”; ma, soprattutto, la mostra non era inedita, bensì la ripetizione della rassegna “Scultura e mosaico” realizzata nel 2014 a Montevarchi dallo stesso curatore, a cui sono state aggiunte molte opere di mosaicisti ravennati sia pur bravi: lo testimonia il catalogo di Montevarchi.