In questi giorni, amministratori pubblici di Ravenna hanno parlato pubblicamente, in due puntate, del noto e travagliato tema delle case famiglie per anziani, rispettivamente per l’avvio della costruzione di un nuovo grande centro residenziale per anziani in zona Ipercoop, ad opera della grande cooperazione locale, e a proposito di un nuovo regolamento delle case famiglia rispetto a quello in uso nel Comune di Ravenna, per iniziativa della Provincia.

Il primo è stato il sindaco di Ravenna, nonché presidente della Provincia, De Pascale, quando, posando la prima pietra del nuovo complesso edilizio con l’elmo in testa, “è andato col pensiero – si è letto – anche ai filibustieri che si approfittano delle persone più fragili, con riferimento alle case famiglia in cui ci sono stati arresti per maltrattamenti”. Mai collegamento è stato più improprio, nel senso che non c’entrava nulla. La“Rosa dei Venti”, come si chiama questa struttura, invero importante e meritevole, destina interamente i suoi 135 posti letto a persone gravemente non autosufficienti (il primo lotto da 117 posti, in sostanza un ex casa protetta) o affette da demenza (il secondo lotto da 18 camere), di cui Ravenna ha un grande e insoddisfatto bisogno. Si tratta dunque di attività di livello sanitario, perciò soggette ad autorizzazione del Comune, da non confondere con le case famiglia, le quali, avendo “finalità prettamente abitative”, come le definisce la Regione, devono solo informare il Comune quando vengono attivate. Tanto è però bastato perché tra i titolari e gli utenti delle case famiglia scattasse l’allarme sulla prospettiva di un’indebita e schiacciante concorrenza, a rischio di monopolio, da parte del colosso cooperativo.

Di queste apprensioni si sono fatti interpreti a ragione i consiglieri comunali Ancarani e Tardi, avendo peraltro saputo che la Provincia stava incontrando (ed è stato lunedì scorso) le categorie imprenditoriali per presentare loro il nuovo regolamento comunale delle case famiglia, riformulato sullo schema di quello in uso nel Comune di Ravenna. Il tutto a scorretta insaputa del consiglio comunale, che, dovendo approvarlo, non vorrebbe il pacco chiuso. Su questo le perplessità sono assolutamente doverose, sia per ragioni di metodo (la Provincia dipende dai Comuni, non viceversa, visto che la eleggono loro), sia soprattutto per il contenuto, in buona parte inaccettabile alla prima lettura del testo, filtrato legittimamente per vie traverse all’opposizione.

A brigante, brigante e mezzo. Di seguito, accenno brevemente agli aspetti su cui l’opposizione farà barricate quando il regolamento arriverà in consiglio, se necessario presentando una fila di emendamenti. E se la ragione non prevarrà, man mano che nei Comuni della provincia, a partire dalle elezioni di quest’anno, il PD sarà mandato all’opposizione, il “nuovo” regolamento che si volesse far passare di forza potrà essere immediatamente revocato e sostituito utilizzando gli emendamenti bocciati.

  1. Per funzionare bene, senza aumentarne i costi, e quindi le rette a carico delle famiglie, spesso già insopportabili, le case famiglia non devono essere aggravate da nuovi e non dovuti obblighi di natura sanitaria o addirittura ospedaliera, in realtà numerosi, che devono invece essere assolti dal servizio pubblico.
  2. Altrettanto per le ore obbligatorie di formazione professionale continua degli operatori che si intende prescrivere in aggiunta ai requisiti professionali, che giustamente vanno richiesti loro (e finalmente controllati) all’atto dell’assunzione.
  3. Le case famiglia devono offrire un’alta qualità di vita domestica, a dimensione appunto familiare, e possono anche proporre agli ospiti occasioni di vita sociale e comunitaria all’esterno dell’abitazione, purché i relativi costi e la responsabilità spettino al Servizio sociale del Comune.
  4. Vanno sfrondati i nuovi adempimenti burocratici illogici, ma dispendiosi di tempo lavorativo, ed evitate le norme che non si capisce come possano essere applicate se non a discrezione di chi ne pretenderà il rispetto; come pure le “indicazioni” che, non avendo contenuto normativo, sono proprie di un trattato di sociologia, non di un regolamento.
  5. Se le “case famiglia si inseriscono nella rete integrata dei servizi residenziali”, com’è scritto anche nel “vecchio” regolamento, occorre, in coerenza, che il servizio sociale del Comune intervenga a sostenere economicamente le famiglie che, con troppa fatica, ne devono pagare le rette.
  6. Infine, i controlli sul rispetto delle regole, grande colpevole lacuna del Comune di Ravenna nei primi tre anni di esercizio del suo attuale regolamento. Il “nuovo” lascia le cose come stanno, quasi che tutto sia andato per il meglio. Ce ne occuperemo noi con emendamenti mirati a far sì che dalle case famiglia (alcune, rispetto a tante) spariscano i coni d’ombra e non se ne producano.