Domani, 14 settembre, ricorre il 697esimo annuale della morte di Dante, celebrato in anticipo domenica scorsa con la storica cerimonia dell’offerta dell’’olio da parte del Comune di Firenze nella Tomba del proprio Esule, per alimentarne la lampada votiva. In vista della 700esima medesima ricorrenza, siamo incessantemente informati – pur mancando tutt’ora un degno progetto onorativo – della moltitudine di eventi, anche pregevoli, sparsi a pioggia sotto il nostro cielo. Ma è passato sotto silenzio che domani scatta anche il primo anniversario della morte dell’’Opera di Dante: la quale, costituita a Ravenna con regio decreto del 1926 “perché sia approfondita la conoscenza di Dante e della sua opera”, e composta gratuitamente da stimati e a volte eccelsi studiosi ed esperti, aveva svolto sempre, con serietà, competenza e merito, il suo compito, in primis organizzando le preziose “Letture Dantesche”.

Per impedirle, non già di concorrere, ma di arrivare in salute al centenario del 2021, è stata compiuta una scientifica operazione di eutanasia. Si parte dal febbraio 2012, quando la Giunta comunale portò nella commissione consiliare Cultura, da approvare in Consiglio, una revisione dello statuto per alcune modifiche burocratiche, aggiungendo però ai compiti dell’’Opera quello “di promuovere eventi di divulgazione dell’’opera di Dante, anche in un percorso di avvicinamento alla ricorrenza del 700° anniversario della morte del Sommo Poeta nel 2021”. Bisognava invero chiarire, causa ragioni di legge, se si dovesse trasformare l’Opera da ente morale in fondazione o associazione riconosciuta. Sta di fatto però che la pratica non è mai arrivata in Consiglio, talché – nonostante ripetute sollecitazioni del sottoscritto in vista proprio del VII centenario in questione – lo statuto è rimasto tal quale.

Normativa statutaria è che il Consiglio dell’Opera “approva il bilancio consuntivo e di previsione” e“si riunisce almeno una volta ogni semestre”. Del centenario stesso si è discusso allo sfinimento (anche se mai in Consiglio comunale), ma dello stato di sopravvivenza dell’’ente pubblico ravennate a Dante dedicato non si è avuta parola. Ragion per cui ho chiesto e ottenuto i verbali delle riunioni consiliari avutesi a tutt’’oggi dal 2016, anno nel cui giugno si è insediata l’attuale Giunta De Pascale. Ne ho ricevuto uno del 2016 e uno del 2017, minimo di legge essendo obbligatorio approvare ogni anno il bilancio consuntivo del precedente esercizio. Mai è stato discusso il bilancio di previsione di quello successivo, minimo del minimo perché un qualsiasi soggetto associativo sappia cosa fare. Si è parlato in sostanza solo delle ricorrenti “Letture Dantesche”.

Nella seduta del 22 febbraio 2016, il Consiglio ha messo però a verbale, con un sussulto di dignità meritevole di applauso, “vista la necessità di sospendere le attività dell’’Opera di Dante, in attesa della ridefinizione dell’’ente” (di cui e delle cui ragioni il Consiglio comunale, che avrebbe dovuto deciderlo, non ha mai saputo niente), di esprimere “la propria convinzione che l’’Opera di Dante abbia adeguatamente garantito negli anni la realizzazione delle attività dantesche di propria pertinenza ed auspica una adeguata programmazione, soprattutto in vista delle celebrazioni del 2021, recuperando il nome dell’’Opera di Dante”. È passato un anno e mezzo perché, dovendosi almeno approvare il consuntivo del 2016, si avesse la seconda ed ultima riunione, presieduta dall’’assessore alla Cultura Signorino. La quale, con sprezzo del ridicolo, ha informato che “in quanto in questi primi mesi sono state affrontate problematiche urgenti…la riflessione sul futuro dell’’Opera di Dante è rimandata al mese di settembre”, e che “verrà affrontata assieme al dibattito che si aprirà nel 2018 per l’’organizzazione del settimo centenario nel 2021”. Al che il prof. Alfredo Cottignoli, autorevole membro del Consiglio stesso, che de Pascale avrebbe poi nominato nel Comitato ravennate per la celebrazione di tale centenario senza citare il suo ruolo nell’’Opera, ha invece dichiarato, mangiando la foglia avvelenata, “che sarebbe un vero e proprio delitto demolirla proprio in questo momento in cui si avvicina il Centenario”.

Siamo nell’’ultimo quadrimestre del 2018. L’’assessore non ha più convocato il Consiglio, nemmeno per chiudere i conti del 2017, che si fa al massimo entro il primo semestre. Nei discorsi sull’’organizzazione del VII centenario dantesco, l’’Opera non è stata neanche nominata. Di fatto ne è stata dunque decretata la fine. Dopo queste righe, magari ci si affannerà a dire che sarà resuscitata, forse per l’’VIII Centenario.

Tutto si spiega. Domenica scorsa, il Comune di Firenze ha partecipato alla propria cerimonia di offerta dell’’olio per la lampada votiva della Tomba di Dante, rappresentato però non dal sindaco, non dall’’assessore alla Cultura, non dal presidente del Consiglio comunale, e neppure dal vice-sindaco, come non si nega a nessuno. Bensì da uno dei suoi, per quanto rispettabilissimi, 36 consiglieri comunali.