“Ho perso il fratello maggiore che non ho avuto da vivo. Sergio se n’è andato dritto in Paradiso dal letto in cui da lunghi anni non si muoveva, sereno e sorridente com’è stato con tutti ed in ogni sorte, sofferenza compresa.

Sono pochi 94 anni quando ti si stacca un pezzo di cuore. Ero niente più che un pulcino, della cova numerosa di San Zvan dla zòla, San Giovanni Battista dei frati carmelitani per la Curia, quando mi prese sotto le ali, seguendomi passo per passo, fin quasi ai miei primi quarant’anni, quando avevo messo insieme una famiglia e la sua si era fatta larga. Lui non insegnava, non tracciava la strada, ti faceva capire da che parte andare parlando senza dire. Ti ascoltava come se recitassi il vangelo, con dolcezza, tirandoti fuori l’anima. Condivideva con te le allegrie e i successi. Ti sfumava le amarezze. Ti sollevava dagli abbattimenti. Come quando morì mia madre.

Quando feci ingresso a Palazzo Merlato – allora ci si viveva, mica a distanza – lui lavorava a due passi, nel Credito Italiano di via Rasponi, dove si occupava della Borsa, ed io facevo la spola tra i due palazzi. Negli anni ’70, lo spinsi a mettersi al servizio della nostra città entrando nell’Amministrazione dell’AMIU, azienda municipalizzata dell’igiene urbana, cioè la raccolta dei rifiuti. Gli diedero l’incarico di organizzare la squadra di calcio aziendale, per promuoverne la socialità e l’aggregazione del personale. Ne fu il presidente, da tutti venerato, seguendola in tutte le partite, anche in trasferta, in compagnia dei figli. Altri tempi.

Negli anni ’80, una volta in pensione, s’impegnò per anni, in collaborazione col CEIS, centro ravennate di solidarietà, voluto da Ersilio Tonini, allora arcivescovo, per recuperare ragazzi soggetti alla tossicodipendenza. Nel modo di porgersi, con umiltà, leggerezza e benevolenza, era la persona giusta per incoraggiarli a prendersi cura e stima di sé, primo passo per riprendere possesso della loro vita. Ne allacciava la conoscenza e l’amicizia andando a trovarli nei loro luoghi di sosta, come piazza San Francesco o i Giardini pubblici di viale Santi Baldini. Stabiliva con ciascuno un dialogo alla pari, fatto di ascolto e comprensione, offerta di speranza e di un futuro, fino ad accompagnarli di persona ad Amelia, presso la Comunità Incontro di don Gelmini. Ancora in quegli anni, mise a disposizione la sua famiglia come affidataria di minori in gravi difficoltà, collaborando strettamente col Consorzio ravennate per i servizi socio-sanitari.

È stato un grande appassionato di musica classica, in particolare dell’opera lirica, di cui era fine conoscitore e grande esperto fin da ragazzo. Passione coltivata ininterrottamente, seppe trasferirla ad amici e conoscenti, ma ancor più ai figli Paola, Claudia, Chiara e Giuseppe e ai dieci nipoti, che portava con sé alle rappresentazioni estive dell’Arena di Verona, fierissimo di tante gioie.

Nelle ultime immagini che ho di lui, lucidissimo di mente e di ricordi, ero accanto al letto di casa a cui era inchiodato. Teneva forte la mia mano nella sua. Mi parlava con la stessa amorevolezza, lo stesso feeling, la stessa vivacità di spirito di quando ci conoscemmo, e poi di sempre. Intorno, Lucia, amatissima consorte, che, insieme ai suoi cari, gli ha reso più lievi le tante asperità. All’altezza dei suoi occhi, una televisione mostrava e suonava in continuazione musica classica ed operistica. Quella che infine l’ha rapito e accompagnato con dolcezza verso l’armonia perfetta, un concerto di anime belle e gentili.

Tienimi il posto, almeno nel loggione, Sergio.”

Da Alvaro Ancisi