Rocco Cerrato (28 agosto 1933 – 1 settembre 2022) è stata una delle principali figure di riferimento per quella generazione di giovani che alla metà degli anni ’60 si affacciavano alla vita, alla fede, alla politica, sia come assistente spirituale degli scout sia come insegnante di religione al Liceo Scientifico.

«Quando iniziò a frequentare i circoli Lenin, nella bianca e conservatrice Faenza degli anni Sessanta – ha scritto Andrea Carugati su “il manifesto” –  era ancora un sacerdote. Coltissimo e innamorato del Vangelo, capì subito che tradurre quel messaggio cristiano in pratica politica marxista non era solo una possibilità, ma un dovere, fino a diventare una missione di vita».
Nato nella “bassa” Romagna, a Voltana per la precisione, origine che amava ricordare, frequentò il seminario di Faenza e perfezionò gli studi teologici a Roma. Fu un testimone della prima ora delle novità affermate dal Concilio Vaticano II (1962-1965) e, di conseguenza, contribuì alla nascita e alla diffusione del movimento “preti e laici” e delle comunità di base.
In ambito più direttamente politico, l’esplosione del Movimento Studentesco nel ’68 e l’«autunno caldo» del ’69, lo convinsero che il livello dello scontro di classe richiedeva nuovi strumenti operativi che le organizzazioni tradizionali del movimento operaio non erano più in grado di offrire. Di qui la sua militanza nella rete dei Circoli Lenin prima e di Avanguardia Operaia e Democrazia Proletaria poi, fino alla adesione a Rifondazione Comunista.

A metà degli anni ’70 i vertici della diocesi faentina gli tolsero la possibilità di esercitare il suo servizio sacerdotale.
Si trasferì a Bologna e si sposò.
Lorenzo Bedeschi, prete e storico faentino molto attento, lo chiamò fin da subito a insegnare alla Università di Urbino dove divenne uno dei fondatori del Centro Studi per la storia del Modernismo  e della Fondazione Romolo Murri. Ha collaborato alle riviste Fonti e Documenti, Religio e Società, Filosofia e Teologia. Con Gian Luigi Melandri ha curato la pubblicazione (nel 2011) delle Memorie di don Giovanni Minzoni, ucciso ad Argenta nel 1923 da fascisti ferraresi.

Nel 1997, pubblicò una ponderosa ricerca di 400 pagine sul periodo in cui Giuseppe Battaglia è stato vescovo di Faenza (1943-1976) dal titolo “Una chiesa locale fra modernità e secolarizzazione”, uscito per le Edizioni Quattroventi.
L’intreccio decisamente innovativo fra le istanze economiche, politiche, e cultural-religiose della vicenda faentina fanno di questo testo un nuovo paradigma della metodologia per la ricerca storica e colloca Cerrato su quella strada che aprì il nostro Francesco Lanzoni quando fece uscire la pubblicistica ecclesiastica da una narrazione puramente devozione e agiografica.

L’incontro di sabato 29, in programma alle 17.30, sarà anche l’occasione per raccogliere le tante testimonianze di chi lo ha conosciuto e frequentato.